Da pentito fino a oggi Bonaventura ha fornito il suo contributo determinante a 14 procure antimafia
Non potrei fare altrimenti visto che quattro anni fa mi è stato revocato il programma di protezione da parte dello Stato. Tutto questo perché ho denunciato mediaticamente, ma, anche a livello giuridico, delle problematiche serie nel programma di protezione. Per questo mi hanno contestato delle violazioni comportamentali tipo interviste non autorizzate in cui denunciavo delle verità e dei rifiuti di trasferimento”.
“In seguito all’intervento del Consiglio di Stato, della magistratura e della DDA di Catanzaro, almeno i miei familiari, sono stati messi sotto programma di protezione”
Un fatto che trasforma la nostra vita in un inferno. Faccio presente che il programma di protezione per la mia famiglia prevede uno stipendio di 1.300 euro e un alloggio. La protezione vera e propria dalla malavita che mi ha messo nel mirino, invece non esiste, inutile prenderci in giro. Per questo sono molto deluso dallo Stato italiano. Tanto è vero che nella località in cui viviamo, i miei figli vanno a scuola con il cognome originale”.
“Soldi ai pentiti? Falso”. In questi giorni il film di Marco Bellocchio “Il Traditore” con Pierfrancesco Favino nella parte di Tommaso Buscetta, ha riportato al centro delle cronache la questione che in passato lo Stato avrebbe foraggiato con soldi e altri benefici molti collaboratori di giustizia. Su questo punto l’ex boss della ‘Ndrangheta Luigi Bonaventura è stato chiaro: “Tutto falso perchè per un nucleo di 4 persone al massimo si può arrivare a 1500 euro al mese più quelli per l’affitto della casa”.
Il pentito diventa un effettivo collaboratore di giustizia quando avviene in lui un vero e proprio cambiamento di pensiero e culturale
L’intervento della criminologa. La dottoressa Mary Petrillo, criminologa e psicologa dell’Università Niccolò Cusano, ha invece precisato che il pentito diventa un effettivo collaboratore di giustizia quando avviene in lui un vero e proprio cambiamento di pensiero e culturale. Al tal proposito Bonaventura ha detto: “Anche se io e i miei familiari rischiamo la vita ogni giorno, non mi pento della scelta che ho fatto. Non ho deciso di lasciare la criminalità organizzata per orgoglio o per altro. La mia è stata una reale conversione interiore e oggi mi sento un uomo spiritualmente molto più ricco di prima. Insomma, per fare un gioco di parole, non mi pento di essermi pentito. Però lo Stato italiano deve fare molto di più per i collaboratori di giustizia e i loro familiari. Deve tutelarli di più”.
Il pentitismo analizzato dallo scrittore esperto di mafia. Ai microfoni di Radio Cusano Campus è intervenuto anche Maurizio Inturri precisando: “Il pentitismo ha due cose particolari. E’ un sentimento su cui nessuno può mettere mano. Il collaboratore di giustizia una volta chiamato, inizia la sua collaborazione con la giustizia e poi non riprende più la vecchia strada. Non commetterà più quei reati, anzi li denuncia. Questo è quello che aiuta a capire il senso e il significato del pentitismo. Ecco perché il giudice Falcone si è sempre battuto per la tutela e la protezione dei pentiti”.