Olanda: è il senso di impotenza di chi ha conosciuto il dolore di Noa Pothoven a rattristare. Nessuno è stato in grado di opporsi all’irrevocabile decisione della diciassettenne di Arnhem, di lasciarsi lentamente morire. “La ragazza era malata di anoressia nervosa – ha osservato Laura Dalla Ragione, dirigente della rete per i Disturbi del Comportamento Alimentare, dell’ASL 1 dell’Umbria, a Tutto in Famiglia su Radio Cusano Campus – aveva un quadro depressivo importante, quindi ha smesso di bere e mangiare, è stata tentata la nutrizione artificiale, ma evidentemente la volontà di morte di questa ragazza è andata oltre ogni tentativo possibile di salvarla.”
Il forte dolore dell’anima
“Lei racconta di essere stata abusata, ed è vero. Il dieci per cento delle pazienti con anoressia nervosa rifiuta le cure, alcuni di loro muoiono – ha sottolineato la psichiatra Dalla Ragione – alcuni sono suicidi veri e propri altri sono suicidi lenti, alla base di tutto c’è una grossa depressione e un dolore dell’anima molto forte. Molte famiglie raccontano la sensazione di impotenza nel non riuscire ad aiutare determinate ragazze, alcune vengono tenute in vita attraverso ricoveri o nutrizione artificiale, ma dentro rimane un mostro interno che cova in loro un forte desiderio di morte. La maggior parte di questi ragazzi noi li salviamo, li portiamo fuori dalla malattia, si tratta di una patologia psichiatrica molto grave che può portare alla morte.”
Olanda: come affrontare il problema? “Cercando di intervenire per tempo – si è congedata la dottoressa Dalla Ragione – fronteggiando le resistenze dei pazienti.” C’è chi si fa aiutare, e riesce a risalire la china dopo, chi invece procede imperterrito verso una strada senza ritorno.
Che fare se il paziente respinge ogni forma d’aiuto, scegliendo di smettere definitivamente di vivere? Oltre che provare inettitudine e dispiacere è inevitabile la percezione di un condiviso senso di fallimento.