Burnout: è una sindrome diagnosticabile, ufficialmente riconosciuta dall’OMS, e strettamente collegata alla vita lavorativa. Chi ne soffre? Come intervenire? Ne abbiamo parlato a Tutto in Famiglia, su Radio Cusano Campus, col dottore Franco Amore, membro del gruppo di lavoro stress lavoro – correlato dell’Ordine degli Psicologi del Lazio. 

Il burnout fa male al cuore?

“Può riguardare anche il cuore, ma non solo, le difese immunitarie, la produzione ormonale e la condizione psicologica di chi ne soffre – ha osservato Amore – la peculiarità dello stress generato è che il soggetto non riesce a recuperare l’affaticamento che sente. Di qui ne possono derivare patologie fisiche, psichiche, psicofisiche o anche i cosiddetti comportamenti controproduttivi: disinteresse per le attività, alta litigiosità oppure assenteismo.”

Burnout: ne soffre chi deve relazionarsi al pubblico, quindi “insegnanti, medici, psicologi. I rischi psicosociali sono tanti: mobbing, violenze anche da parte della stessa clientela nei confronti degli operatori – ha sottolineato Franco Amore – se ci sono elementi stressogeni il datore di lavoro deve intervenire a livello organizzativo, ci sono modalità di intervento che possono essere una riorganizzazione vera e propria, e servono a mitigare il processo. Invece dal punto di vista individuale si interviene con tecniche specifiche per mitigare lo stress, quindi quelle psicologiche della meditazione, o dove non si può intervenire in alcun modo, quelle legate alla farmacoterapia.”

Abbiamo sentito tante storie di persone che hanno sofferto, o soffrono, a causa del lavoro. Il burnout, dunque, è un gioco a perdere per tutti: per chi ne soffre e per i datori di lavoro. “C’è un decremento della produttività, un aumento dei costi per le cure, è una situazione sconveniente per tutti – si è congedato il dottor Amore – spesso il rapporto di lavoro finisce, ma il datore di lavoro è obbligato ad intervenire. Il passo importante da compiere è che il burnout sia riconosciuto come un aspetto che dev’essere indagato da un punto di vista sanitario, in Italia abbiamo una normativa abbastanza stringente, che non viene applicata.”

 

Ascolta qui l’intervista integrale