Annalisa Moccia, l’arbitro di Nola che ha ricevuto insulti sessisti da un telecronista locale durante la partita di Eccellenza Agropoli-San’Agnello, è intervenuta a Radio Cusano Campus, nella trasmissione “Cosa succede in città”, condotta da Emanuela Valente. Ha commentato l’ultimo episodio avvenuto a Mestre, ai danni di un arbitro donna (un ragazzino di 14 anni si è abbassato i pantaloni mentre i genitori lanciavano insulti dagli spalti) e ha raccontato la sua esperienza sui campi.

Sui fatti di Mestre

E’ stato vergognoso. Mi metto nei suoi panni, sarà stata una scena raccapricciante. Una cosa del genere non mi è mai successa ma gli insulti sono all’ordine del giorno. A livello giovanile, mi sono stati rivolti gravi appellativi dai ragazzini di 14-15 anni in campo e dai genitori sugli spalti. I ragazzini emulano quello che fanno e dicono i genitori, si sentono in diritto di dire e fare delle brutte cose in campo perché c’è chi si comporta così prima di loro. Della serie lo fanno i miei genitori perché non posso farlo?”.

Gli insulti da parte delle mamme

“A insultarmi non sono solo gli uomini. E’ capitato di ricevere brutte parole anche dalle donne, dalle mamme dei piccoli giocatori in campo. Una volta una signora mi ha detto di andare a fare gli gnocchi. Ci sono rimasta malissimo. Scendo in campo per dimostrare che le donne possono fare tutto, anche meglio degli uomini. Quando mi sono sentita insultata da una donna mi sono chiesta: “Forse ho, abbiamo sbagliato qualcosa”.

Sugli insulti sessisti da parte del telecronista locale nella partita di Eccellenza Agropoli-San’Agnello

“Quando ho ascoltato la telecronaca e gli insulti mi sono molto arrabbiata. Ero appena scesa in campo e mi sono sentita giudicata ancor prima di fare il mio lavoro. Poi mi sono calmata, grazie anche ai miei colleghi della mia sezione con i quali ci abbiamo scherzato sù, e i giorni seguenti li ho trascorsi serenamente. Non ho pensato più alla cosa negativa, era inutile abbattermi. Non ne vale la pena, purtroppo, e non dovrebbe essere così, sono abituata agli insulti”.

Sull’attività di arbitro

“Ho cominciato 8 anni fa, avevo 20 anni. I miei genitori mi sconsigliarono di intraprendere questa carriera, io testarda come sono non gli ho dato retta. Tornavo a casa sempre contenta dopo una partita.  L’Aia è una scuola di formazione, ti forma il carattere, mi ritrovo cambiata. Se mi volto indietro e guardo Annalisa di dieci anni fa vedo una persona completamente diversa. Ero timida, introversa, ora vorrei spaccare il mondo”.

Gli inizi

“Ho cominciato per semplice curiosità. Mi sono appassionata al ruolo dell’assistenza. Volevo capire come potesse riuscire a vedere un fuorigioco difficile e segnalarlo con naturalezza. Mi chiedevo cosa pensasse un arbitro prima della partita, cosa facesse dopo una partita, mi sono appassionata alla figura dell’arbitro per le cose semplice. Ho saputo che nella mia città c’era la sezione di Nola e mi sono presentata. Non mi sono mai pentita dei questa scelta. A volte ho pensato di lasciare ma non per gli insulti, non volevo lasciare perché c’era qualcuno mi prendeva a male parole dagli spalti. Ho pensato di mollare tutto magari dopo una partita andata male.  Degli altri in mezzo al campo e sugli spalti non me ne è mai importato niente. Non ho mai voluto dare soddisfazione e ragione a chi insulta”.

Le donne e il calcio. Qualcosa sta cambiando

“Prima o poi le cose devono cambiare. Stiamo sulla strada giusta. Nascono tante squadre femminili, la Nazionale italiana femminile si è qualificata per il Mondiale, le grandi società hanno creato la squadra femminile, si sta dando sempre più importanza alle donne. Stanno aumentando gli arbitri donne, le donne ci sono e scalpitiamo”.