M5S, le ragioni del flop vanno oltre Di Maio: il mondo della scuola aspettava il vento del cambiamento e si è ritrovato in pieno caos.

In queste ore i vertici del Movimento hanno confermato il loro appoggio a Luigi Di Maio ma resta alta l’attenzione su quelle che potrebbero essere state le cause del flop elettorale europeo: dai troppi ruoli del Capo politico, passando per una strategia di comunicazione rivelatasi poco efficace, arrivando all’alleanza con la Lega, sembrano essere queste le cause prese in esame. Della scuola e del milione e mezzo di cittadini italiani che ci lavorano dentro nessuno dice niente, eppure Renzi se la deve ricordare bene la scuola e quanto ha pesato sul suo declino.

 

Partiamo da inizio legislatura: è parso chiaro a tutti come, nella spartizione dei ministeri, il Movimento non si sia minimamente opposto nel cedere il MIUR nelle mani della Lega, mettendo tutti i suoi rappresentanti (Fioramonti e Giuliano su tutti) in una posizione di soggezione e oggettiva debolezza al cospetto del trio Bussetti-Pittoni-Valditara. È questo il primo errore commesso dal M5S?

 

La prima grana, emersa sotto forma di dossier sulla scrivania del Ministro Bussetti, riguardava la situazione drammatica di circa 50mila maestre e maestri diplomati magistrali, le cui carriere, per non dire le cui vite, erano state messe a serio rischio da una sentenza del Consiglio di Stato. Pacche sulle spalle da Salvini e Di Maio e poi la soluzione non soluzione: un concorso straordinario, che sarebbe stato l’ultimo della storia della Repubblica soprattutto a detta del Movimento, per salvarne circa 13mila. Oggi, a distanza di pochi giorni dal voto, i maestri scrivono a Di Maio: Ministro i DM non dimenticano. La loro situazione poteva essere gestita meglio?

 

In molti tra gli esponenti del M5S, soprattutto coloro i quali hanno sempre mostrato attenzione ai temi della scuola (Azzolina – Granato su tutte), hanno ribadito nel corso dei mesi la ferrea intenzione di aprire una stagione concorsuale che non prevedesse prove straordinarie né scorciatoie per precari storici, solo merito, capacità e rispetto, in questo senso, del dettato costituzionale. L’accordo dello scorso 24 aprile, siglato a meno di un mese dalle europee tra governo e sindacati, ha sorpreso tutti: aumento degli stipendi a 3 cifre (ma non ci si doveva scaldare con la legna che si aveva a disposizione?) e apertura di una fase massiccia di reclutamento con aperture mai annunciate prima e la netta sensazione che cominciasse a prevalere la linea Pittoni. In soldoni, voi siete passati come i cattivi oltranzisti e intransigenti, loro come quelli che hanno ceduto al malcontento delle piazze. A questo proposito, i punti contenuti all’interno di quell’accordo sono economicamente sostenibili o rischiano di essere fuffa preelettorale?

 

Restando sul tema, Flc Cgil proprio oggi invita Conte e Bussetti a mantenere le promesse e a scordarsi definitivamente di attuare qualsiasi tipo di autonomia differenziata che coinvolga la filiera dell’istruzione italiana: come si comporterà la Lega? La vittoria alle Europee le darà lo spunto per tirare dritto e portare a casa la regionalizzazione?

 

Ecco, queste sono solo alcune delle domande che qualcuno dovrebbe porsi nel caso in cui tornasse di interesse nazionale il destino della scuola e dell’università. Perché a volte le risposte che si danno sono sbagliate ma pure le domande hanno il dovere di essere quelle giuste.