Fortnite: il videogioco più chiacchierato e pericoloso d’America miete vittime anche in Italia. Ne abbiamo parlato col prof. Carlo Lai, successivamente all’episodio che si è verificato nel palermitano, al liceo “Danilo Dolci”, ad opera di quattro dodicenni.

I videogiochi vengono utilizzati per isolarsi

“Il tema dei videogiochi è relativamente recente – ha osservato il prof. Carlo Lai, dell’Università La Sapienza di Roma, a Tutto in Famiglia, su Radio Cusano Campus – vengono usati per isolarsi, allontanarsi dalla realtà e non vederla e viverla per quella che è.”

La dissociazione è diversa dalla solitudine positiva

Fortnite rientra tra i tanti passatempi virtuali esistenti, ma non è l’unico strumento che preoccupa. “Una volta la relazione coi videogiochi veniva vista come dipendenza, oggi, invece, è una modalità per isolarsi, mettere fuori la realtà con tutte le preoccupazioni che provoca – ha aggiunto l’esperto – una cosa è l’isolamento sociale per cui una persona riesce a stare sola con se stessa, altra cosa è usare i mezzi per dissociarsi dalla realtà e non adempiere ad una serie di compiti. Le macchine virtuali favoriscono la dissociazione dalla realtà, evadendo dalle responsabilità: più i videogiochi sono violenti più dissociano dalla realtà, più si gioca meno si è disposti ad entrare in relazione con gli altri. Dunque, la dissociazione è altra cosa rispetto alla solitudine positiva.”

“E’ estremamente importante che la famiglia cerchi di capire cosa fa il figlio. Dietro queste situazioni ci sono ore e ore di gioco. I segnali esterni sono da ritrovarsi nella quantità di ore di gioco che un figlio trascorre ed è già un importante indice di allontanamento dalla realtà – si è congedato il prof. Lai – il caso Fortnite crea un addiction notevole di cui si è parlato anche in Usa. Più il figlio sta nella mente del genitore tanto più è protetto.”

 

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