Aborto vietato in Alabama. La notizia fa il giro del mondo e fa temere la peggiore regressione culturale; alle donne non viene consentito l’aborto, neppure in casi di stupro e incesto. Bisognerebbe, dunque, andare avanti con la gravidanza a tutti i costi.
“Legge agghiacciante – così è stata definita dalla coordinatrice del gruppo di lavoro Psicologia Perinatale dell’Ordine degli Psicologi del Lazio, Mirta Mattina – è uno dei tanti segnali, presenti a livello mondiale in questo periodo, d’attacco all’autoderminazione femminile. Assistiamo nel mondo ad una recrudescenza della libertà delle donne, e del controllo del corpo femminile: stiamo andando indietro.”
Dall’America all’Italia il passo è breve, questo è l’altro aspetto inquietante della vicenda. Tendiamo ad imitare gli americani. Nel tempo le lotte femministe hanno portato a buone conquiste, eppure “si sente usare l’epiteto femminista come un insulto – ha fatto notare Mirta Mattina – è stato attaccato gravemente il principio di salute promosso dalla carta di Ottawa, dove si parla di salute come di una forma di padronanza della propria condizione di vita, e di salute.”
La natura umana
Aborto: le donne sono naturalmente predisposte ad avere figli, ma non dovrebbero essere obbligate ad averne, a tutti i costi. “Nella natura dell’essere umano ci sono costruzioni tecnologiche e culturali, ridurre tutto alla riproduzione equivarrebbe a dire che siamo fatti per vivere nelle caverne, mangiando erbe, invece la nostra natura è quella di creare, viaggiare, scoprire – si è congedata la psicologa – il corpo della donna è visto come incubatrice. La maternità non può essere un destino imposto da leggi scritte da uomini, la donna dev’essere libera di scegliere come gestire la maternità. La legge in Alabama è passata in senato grazie al voto di un folto gruppo di uomini, il fatto che siano gli uomini a decidere sul corpo delle donne è grave.”