Antonio Di Pietro è intervenuto ai microfoni de “L’Italia s’è desta” condotta dal direttore Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano, per commentare la nuova inchiesta che ha portato a diversi arresti in Lombardia: “Non condanniamo il partito in sé, ma le persone che dicono di fare politica come servizio e invece fanno politica per servirsene. Bene daspo ai corrotti, ma serve anche la certezza della pena, perché una bella sana paura che vai in galera serve. Siri? Se sei innocente corri dal magistrato a farti interrogare. Vedo più delicata l’ultima vicenda, quella del prestito fatto dalla banca di San Marino, perché nessuna banca ti dà 500mila euro senza garanzie”
Riguardo l’inchiesta sulle tangenti in Lombardia
“La magistratura per definizione arriva dopo che il reato è stato commesso, è come il becchino che arriva quando –ha affermato Di Pietro-. E’ la politica non vuole arrivare. Bisogna evitare che i reati si commettano, non aspettare che arrivi la magistratura. La questione non è il colore del partito, ma è la persona. Quando ho fatto la prima inchiesta Mani Pulite non ho trovato le mazzette alla destra, ma solo perché non era al governo. Non condanniamo il partito in sé, ma le persone che dicono di fare politica come servizio e invece fanno politica per servirsene. Non è che prima non si riunissero per le tangenti, è che prima non c’era il sistema innovativo che c’è adesso per scoprirli. Nell’eterna lotta tra guardie e ladri, si attrezzano i ladri ma anche le forze dell’ordine. Prima si vedevano meno reati perché se ne scoprivano meno. Inasprimento pene per corruzione? Personalmente sono dell’idea che quel che manca al nostro Paese è la certezza della pena. Il daspo ai corrotti è giusto che ci sia. Io vedo ancora adesso persone che ho fatto condannare nella prima Repubblica che stanno ancora in giro a pontificare. Io credo che non tanto l’entità della pena, ma la certezza della pena ci debba essere. Bisogna intervenire sui tempi della giustizia e sulla certezza della pena, una bella sana paura che vai in galera serve”.
Sul caso Siri
“Se sei innocente corri dal magistrato a farti interrogare. Io quando sono stato indagato ci ho sofferto, sapevo di essere innocente, ma da ministro avevo il dovere di salvaguardare l’istituzione e quindi mi sono dimesso. Io sono andato subito dai magistrati a chiarire, certo però bisogna sapere di avere ragione. Su Siri vedo più delicata l’ultima vicenda, quella del prestito fatto dalla banca di San Marino perché nessuna banca ti dà 500mila euro senza garanzie. Detto questo, la vicenda giudiziaria se la vede lui coi magistrati. Il problema di fondo è che non doveva stare lì perché è un bancarottiere. Ma il Paese non può stare a perdere tempo su questa vicenda, con tutti i problemi che ci sono da risolvere.