Scuola in balìa del riformismo: i punti da cui ripartire. Troppe riforme si sono avvicendate negli ultimi anni, ora regna la confusione.
Di riforma in riforma, di cambiamento in cambiamento, di trasformazione in trasformazione. Troppo spesso non per reale esigenza né per l’urgenza di porre rimedio. Il più delle volte per necessità, quella incombente e travolgente di apporre il proprio nome in calce ad una legge che verrà ricordata, per cosa non importa, verrà ricordata.
È un po’ questa la triste storia della scuola italiana, generalmente inascoltata, sistematicamente delusa e immancabilmente illusa da chi, di volta in volta, giura e spergiura di puntarci forte, per poi rendersi conto che forte è solo la tentazione di attingere a quei pochi fondi che restano ma che fanno sempre gola, seppur pochi. Che deve fare la scuola?
La scuola deve essere il centro nevralgico dell’apprendimento, il luogo sacro dove operano le funzioni educative della nostra società, la scuola deve educare al vivere in comune, formando allievi sani e sicuri di se stessi, premesse ineludibili per un cittadino colto e curioso.
La scuola ha il dovere di andare oltre le sue inarginabili dispersioni e lo deve fare confermando la sua missione principale: diffondere il più possibile l’istruzione. Ne è convinta la fondazione Treelle, che racchiude nei punti che seguono le peculiarità che dovrebbe tornare a rappresentare la scuola italiana: rendere obbligatoria la frequenza fin dai 3 anni e consolidare la frequenza degli asili-nido, con lo scopo di compensare le carenze formative delle fasce sociali che sono le protagoniste della dispersione; ampliare il tempo scuola fino ad 8 ore con attività pomeridiane di tipo formativo non strettamente curricolare, gestite perciò da adulti formatori e non da insegnanti; collocare il termine del ciclo secondario a 18 anni; garantire l’innovazione delle metodologie didattiche. Questi solo alcuni dei punti suggeriti.
Sugli ultimi elementi emersi c’è da registrare freddezza sulla regionalizzazione ed un’attenta analisi di fattibilità della spesa sulla base della riduzione di un anno, della diminuzione demografica e di una spending review effettuata dal basso.