Flavio Tranquillo racconta Dirk Nowitzki, i Lakers, Golden State e Toronto

Il più popolare tra i telecronisti di Pallacanestro scatta una precisa e pulita fotografia dell’attuale situazione

del campionato più appetito e tecnicamente valido al mondo!

 

Il telecronista più popolare dell’emittente Sky nella Pallacanestro, Flavio Tranquillo, è intervenuto su Radio Cusano Campus, alla luce del raggiungimento anzi del superamento di una leggenda qual è stato Wilt Chamberlain nella speciale classifica dei cestisti NBA per punti segnati. Ci è riuscito un tedesco arrivato negli Stati Uniti d’America esattamente nel 1998, Dirk Nowitzki!

Parliamo di esempi positivi. Il suo lungo addio che si sta celebrando, se sarà addio, mi sembra il migliore che si possa fare.

“Il rispetto per i giocatori è una delle cifre, dell’NBA. Giocatori del passato come quelli che stanno diventando, passato. Smettere è il testimone a quelli che restano, ricordando quelle che è stato Nowitzki, sia da un punto di vista agonistico, e non solo. Parliamo di un giocatore che ha avuto un’etica del lavoro, almeno pari a chiunque altro. Stiamo lì, ma forse anche a un livello superiore”.
Arrivato in America oltre 20 anni fa, era visto come il “brutto anatroccolo”. Te lo aspettavi, un percorso così stimato, da questo giocatore?

“Se trovi uno, che non si chiami Holger Geschwinder, che dice, senza scoppiare a ridere, di sapere che sarebbe diventato un giocatore NBA, ti ringrazio. Tendo ad escludere che lo troverai. La nostra ristrettezza mentale collegava la Germania, forse alla pallamano? Magari allo Sci, al Calcio. Poi abbiamo capito che era un giocatore, con quell’altezza, che giocava ad 8 metri dal canestro. Pensavamo sarebbe stato lì qualche mese, e poi sarebbe diventato un asterisco, nella storia della NBA. Hanno giocato in 4366, nell’NBA, e lui è il sesto realizzatore di sempre. Può bastare”.

Quello che ha superato stanotte, non mi sembra una meteora, una sorta di asteroide: Wilt Chamberlain!

“No no. Anche se non è il numero di punti totali realizzati, a dare un giudizio sul giocatore”.

I Lakers? Quest’estate già volavano, come i tifosi di calcio nostrani, pensando di avere la squadra più forte di tutte…

“L’idea è che ci vuole una cultura, per vincere, nella NBA, e il Lakers non l’hanno mai avuta. Lebron James è l’eccezione alla regola; ha fatto bene comunque. Mi piacerebbe che questa stagione gli facesse capire che l’unica cosa che gli manca, è diventare un catalizzatore di Cultura, per la franchigia. Non sono ottimista ma mi viene da dire…o adesso o mai più. Anche se, senza l’infortunio suo e degli altri, staremmo parlando di un esito sportivo diverso. Il problema non è Play-off o non (partecipazione ai) Play-off, ma Cultura o non cultura”.

Nemmeno con Magic Johnson dirigente, si è alzata l’asticella, su questa questione?

“Non è una questione individuale. Voi che siete all’Università sapete che la Cultura è una serie di valori, non nel senso stereotipato del termine. Una cultura organizzativa, ha i valori dell’organizzazione, che non sono comportarsi bene e capire di Pallacanestro. Una cultura organizzativa deve far evolvere l’ambiente, cosa che non hanno mai fatto i Lakers”.

Flavio Tranquillo va più a fondo, nell’analisi: “Hanno vinto tantissimo in epoca moderna, in altre maniere. Ora devono trovare un’altra soluzione, e capire se Lebron può essere parte di questa”.

Cultura che a San Antonio hanno declinato bene, per decenni.

“Esempio più facile da fare, con New England. Non credo vengano a dirti che erano partiti, sapendo che avrebbero fatto “questo, questo e questo”. Basta pensare a dove abbiano scelto Parker, Ginobili e cosa pensassero di lui, dopo tre mesi. La loro capacità è stata il cambiare in corsa, prendere da tantissime fonti, Stati Uniti e fuori, livello universitario e strada. Non ci sono scienziati che inventano il metodo vincente, ma persone che cercano di evolvere, e piano piano lo fanno”.

La griglia play-off. Ho davanti, stando in un struttura accademica, la tua immagine che studia e scrive. Quali sono gli appunti che ti sei messo da parte, come fossi davanti ad una lavagna, guardando le protagoniste di questa seconda parte della stagione?

“La squadra che vincerà o perderà il titolo, è una. Lo vince se va vicino al suo potenziale, e lo perde se ci va lontano. Nella seconda ipotesi ci sono molti fogli di appunti, perché non c’è una situazione paragonabile a Golden State. L’unica che era simile è Boston, ma fino ad adesso non ha dimostrato molto di più e può non farlo anche dopo. Se Golden State va dritta, vince, ma siamo vicini ad un momento di cambio, e quindi potrebbero anche avere un problema. A quel punto diventerà un bel punto di domanda”.

Come variabile impazzita, sarà appetibile, negli anni, questa Toronto?

“Miami nel 2006 e Dallas nel 2011: ogni 5-6 anni può succedere che vinca una squadra, che è diversa dalle altre. Potrebbe essere questo l’anno per il motivo che ho detto, ma mi sembra difficile. La questione di Kawhi Leonard non ha fatto nulla, per mettere qualcosa in più, sul terreno di Toronto. Poi magari resta 100 anni in Canada, ma l’impressione è che sia lì di passaggio”.

Il passo 0, come lo spiegheresti ai ragazzini?

“Non occorre spiegarglielo, basterebbe dirgli che la situazione è più facile per loro, rispetto ai loro genitori. Capita la regola, ed apprezzare il fatto che sia una regola espansiva, permette di fare più cose. Senza la polemica “Eh ma una volta era meglio”, che per me è una scemenza. Le regole espansive permettono di fare più cose, che vanno imparate e va riconosciuto questo. Antetokounmpo guardate cosa fa, anche se non tutti hanno 8 metri di compasso, per la falcata. Una definizione di progresso, non regresso. Poi magari mi sbaglio io”.

Testo raccolto dal radiocronista Giulio Dionisi