La paura della Brexit fa volare del 17,3% nel 2019 le esportazioni di prodotti alimentari Made in Italy nel 2019 in Gran Bretagna dove è corsa agli acquisti per fare scorte di cibo e bevande italiane per il timore dell’arrivo di dazi e ostacoli amministrativi con lo scadere del termine del 29 marzo.

3,4 miliardi di euro di export agroalimentare Made in italy sono a rischio

Lo dice un’analisi della Coldiretti sui dati Istat sul commercio estero. A gennaio si è registrato Oltremanica un balzo record per l’alimentare tricolore che raggiunge i 243 milioni di euro in un solo mese. Dazi di 24,9 euro al quintale sono infatti pronti a scattare il 29 marzo per le importazioni di tutti i tipi di formaggi grattugiati.  A preoccupare sono anche le condizioni favorevoli previste per le importazioni da Paesi extracomunitari.

Per i Paesi non membri dell’Ue la quota di esportazioni verso il Regno Unito non soggetta a tariffe aumenterebbe infatti dall’attuale 56 al 92%. Per quanto riguarda i beni in arrivo dall’Unione Europea con il nuovo regime entrerebbe liberamente in Gran Bretagna solo l’82% dei prodotti. A rischio sono i 3,4 miliardi di euro di export agroalimentare Made in italy che ha raggiunto nel 2018 il record storico.

Una brusca uscita dalla UE, potrebbe portare ad una legislazione sfavorevole alle esportazioni agroalimentari italiane

“Senza accordo- continua la Coldiretti- un problema riguarda anche la tutela giuridica dei marchi con le esportazioni italiane di prodotti a indicazione geografica e di qualità (Dop/Igp), come in Grana ed il Parmigiano Reggiano, che incidono per circa il 30 per cento sul totale dell’export agroalimentare Made in Italy e che senza protezione europea rischiano di subire la concorrenza sleale dei prodotti di imitazione da paesi extracomunitari.

Dopo il vino che complessivamente fattura sul mercato inglese quasi 827 milioni di euro, spinto dal boom del Prosecco Dop con 348 milioni di euro, al secondo posto tra i prodotti agroalimentari italiani più venduti in Gran Bretagna c’è l’ortofrutta fresca e trasformata come i derivati del pomodoro con 234 milioni, ma rilevante è anche il ruolo della pasta, dei formaggi e dell’olio d’oliva. La mancanza di un accordo è lo scenario peggiore. Un no deal rischierebbe di rallentare il flusso dell’export. A preoccupare c’è anche il rischio che con l’uscita dall’Unione Europea si affermi in Gran Bretagna una legislazione sfavorevole alle esportazioni agroalimentari italiane.

                                                                                                                                                        Fonte DIRE