La procura di Roma ha avviato una nuova indagine sull’omicidio di Mino Pecorelli, il giornalista ucciso nella capitale il 20 marzo 1979. A chiedere la riapertura era stata alcune settimane fa la sorella di Pecorelli. I magistrati romani hanno affidato agli uomini della Digos l’incarico di svolgere una serie di accertamenti preliminari dopo l’istanza depositata negli uffici della Procura da Rosita Pecorelli il 17 gennaio scorso. I nuovi sviluppi sono stati approfonditi a “La Storia Oscura” su Radio Cusano Campus. Intervistato dal nostro Fabio Camillacci, l’avvocato Valter Biscotti, legale di Rosita Pecorelli, ha detto: “Io penso che a breve potremmo avere delle risposte importanti. Il nuovo filone d’indagine poggia sulle dichiarazioni dell’estremista di destra Vincenzo Vinciguerra, uno dei protagonisti degli anni di piombo tra le file di Avanguardia Nazionale. Vinciguerra ha sostenuto che nel 1981 mentre era detenuto a Rebibbia, ascoltò una conversazione tra due compagni di cella, sempre legati ad Avanguardia Nazionale, con un altro sodale Domenico Magnetta. Quest’ultimo si lamentava dicendo che se non lo aiutavano a uscire di galera lui avrebbe rivelato chi gli aveva consegnato la pistola che uccise Mino Pecorelli”.
La nuova pista. L’avvocato Valter Biscotti poi ha aggiunto: “Ricostruendo dati e verbali pregressi legati al precedente processo sul delitto che si tenne a Perugia e finito con l’assoluzione di tutti gli imputati, si è arrivati alla scoperta di un verbale di sequestro di alcune armi avvenuto nel 1995 a Monza a carico proprio del Magnetta. Tra queste armi c’è una Beretta calibro 7.65, cioè lo stesso modello di pistola che sparò a Pecorelli; e ci sono anche dei silenziatori artigianali. Ricordo infatti che il fondatore di OP fu ucciso utilizzando un silenziatore. Pertanto, adesso dobbiamo solo aspettare l’esito degli accertamenti su quella pistola che si trova ai corpi di reato di Monza e sui proiettili che sono ai corpi di reato del processo di Perugia. Attendiamo dunque l’esito della comparazione e dell’indagine tecnico-scientifica da noi richiesta per valutare se esiste una compatibilità tra i proiettili e la pistola sequestrata a Monza. A breve avremo le prime risposte.
Il potenziale movente dell’omicidio. Il legale di Rosita Pecorelli ha concluso dicendo: “Mino Pecorelli era un grande giornalista che spaventava molti potenti: se si sfogliano gli ultimi numeri del suo settimanale ‘Osservatorio Politico’ infatti si trovano almeno 20 possibili moventi dell’omicidio. Purtroppo le prime indagini sul delitto furono fatte male, in modo approssimativo e tralasciando tanti indizi importanti. Gli inquirenti si sono concentrati troppo sul possibile movente invece di indagare materialmente sull’omicidio. E comunque, a proposito del movente: non è un caso che il primo numero di ‘OP’ in versione settimanale e non più come Agenzia stampa, uscì il 28 marzo 1978, ovvero in pieno caso Moro. Un anno dopo Pecorelli fu ucciso. Una strana coincidenza che fa pensare, e rafforza il fatto che tra i moventi del delitto c’è anche quello che Pecorelli possa essere venuto a conoscenza di qualcosa di scottante a proposito dell’uccisione dello statista democristiano. Ma non trascurerei lo Scandalo Petroli del quale Pecorelli scriveva prima che investisse i vertici della Guardia di Finanza. Aveva scritto una serie di articoli dal titolo ‘Petroli e manette’ facendo capire di essere in possesso di un dossier importante sul traffico illecito di petrolio. D’altronde, da Enrico Mattei a Pasolini la storia ci insegna che chi tocca il petrolio muore”.