Enza Sampò, la regina della televisione italiana, una delle prime conduttrici televisive nonché giornalista, interviene ai nostri microfoni.

“C’è molta differenza tra la televisione dell’epoca e quella attuale: in quei tempi era un mezzo nuovo quindi eravamo dei giovani molto ambiziosi e avevamo la missione di proporre il meglio, dal campo dello spettacolo a quello delle notizie, utilizzando un linguaggio appropriato, di buon gusto, parola che ormai non esiste più: siamo passati dal buon gusto al trash al pop televisivo. Tutto quello che si fa oggi non è una schifezza ma è pop. Io ho cominciato casualmente perché i provini riservati alle donne erano solo quelli per diventare annunciatrice mentre io fui definita troppo sbarazzina quindi mi misero a condurre dei programmi per ragazzi inizialmente. Le donne che ce la facevano erano davvero poche: siamo passate dalle mosche bianche alle quote rosa. Ho l’impressione che ai miei tempi c’era più sorellanza tra donne perché tutte combattevamo per lo stesso ideale, per un femminismo che ci contrapponesse agli uomini dell’epoca mentre ora dovete stare attente alle stesse donne perché c’è molta rivalità purtroppo. L’emancipazione non dovrebbe passare attraverso l’imitazione degli atteggiamenti dell’uomo anche se purtroppo ora è così. Le donne possono fare qualsiasi cosa senza copiare però quello che fanno gli uomini perché noi abbiamo delle capacità che gli uomini non hanno e viceversa: copiare gli atteggiamenti degli uomini è tanto sbagliato quanto avvilente per una donna. Impormi in un mondo lavorativo fatto di moltissimi uomini non è stato difficile perché all’epoca non si trattava di diritti ma di concessioni: gli uomini non si sentivano in competizione con una donna perché in quei tempi non si pensava minimamente che una donna potesse prendere il posto del collega uomo. Io ce l’ho fatta grazie alla mia credibilità, facendo emergere la mia intelligenza e il mio cameratismo senza fare la bambolina di turno, mantenendo sempre un buon rapporto con i miei colleghi.

Non ho un collega preferito, Enzo Tortora e Mike Bongiorno con me sono stati generosissimi, mi spronavano nel fare al meglio il mio lavoro, ad espormi di più, a darmi coraggio, una sorta di fratelli maggiori. A Fabrizio Frizzi ho voluto bene come un figlio: quest’anno mi è molto mancato il suo messaggio di auguri per il mio compleanno, il 14 febbraio. Aveva l’età dei miei figli, per me è stato un uomo buono nel vero senso della parola.

Riguardo al mio lavoro, fui molto criticata ai tempi di Campanile Sera poiché fui la prima donna a fare dei collegamenti esterni. Le critiche erano sempre le stesse: stai a casa a fare la calzetta. Una donna di 20 anni sulla piazza era vista malissimo, ricevevo tante pacche sul sedere anche durante le esterne perché gli uomini credevano di potersi permettere con me certi atteggiamenti visto il mio lavoro… Per fortuna ebbi la fiducia di Piero Turchetti, il regista di questo programma che mi volle tenere per la conduzione e per le esterne. Noi giovani dell’epoca eravamo molto ambiziosi, se volevamo una cosa cercavamo in tutti i modi di ottenerla attraverso i gruppi di studio e culturali, cosa che non vedo ora nei giovani di oggi, nati e cresciuti nell’agiatezza e senza spinte esterne, senza sproni per cercare di ottenere quello che vogliono: la cosa che mi addolora di più è vederli senza ambizioni per il loro futuro!

Nel panorama televisivo italiano non vedo eredi: un po’ compiango i miei tempi perché le mie giovani colleghe hanno molte qualità ma sono costrette a una televisione che strizzi l’occhio che guarda alla pancia più che ai contenuti perché oramai si vedono solo gli ascolti. Come si arriva ora in tv non lo so ma credo che sia molto faticoso perché ora la concorrenza è tanta: ci vuole molto impegno, serietà e non accettare compromessi… Poi se si ha una bella raccomandazione, soprattutto politica è ancor meglio!