L’Avvocato penalista Daniele Bocciolini è intervenuto ai microfoni de “L’Italia s’è Desta” condotta da Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus. Il noto avvocato è intervenuto per commentare la sentenza d’Appello del processo per la morte di Marco Vannini. Ha fatto scalpore la riduzione della condanna di Antonio Ciontoli da 14 a 5 anni di reclusione.

Stupore

“Sono rimasto scosso – ha ammesso Bocciolini – Ho difficoltà a spiegare le ragioni di questa sentenza. Sono molto curioso di leggere le motivazioni. Io ero molto perplesso per quanto riguarda la sentenza di primo grado, quando non si mise sullo stesso piano Antonio Ciontoli con gli altri membri della famiglia”.

Sparo

“All’interno di quella casa è partito un colpo di pistola che non poteva non essere sentito. Non capita tutti i giorno una cosa del genere. Quando si sente uno sparo ci si allarma. La prima cosa che si fa è chiamare i soccorsi, immediatamente. Si dovrebbe prevedere che se un ragazzo colpito da un proiettile diventa cianotico, invoca la mamma e sta male allora la situazione è più grave di quella che si potesse pensare”.

Rischio

“La Procura generale, in secondo grado, aveva chiesto un aumento delle pene per i restanti membri della famiglia. In maniera inaspettata invece è stata ridotta la pena ad Antonio Ciontoli. A lui era contestato l’omicidio volontario con dolo eventuale. Lui, pur non essendo intenzionato ad uccidere Marco Vannini, era consapevole di averlo colpito con un proiettile. Nonostante questo lui e la famiglia rappresentavano al 118 una realtà diversa, dissimulando quale fosse la reale situazione accettando quindi il rischio che Vannini potesse morire. La difesa di Ciontoli ha dimostrato invece che chi ha sparato non poteva prevedere le reali conseguenze e quindi la morte. Insomma, Ciontoli sapeva di aver sparato ma pensava che quello che era accaduto non avrebbe potuto portare alla morte di Marco Vannini. Questo è quanto è riuscita a dimostrare la difesa”.

Processo mediatico

 “Mediaticamente tutti sapevano tutto di questa storia, comprese le urla di dolore di Marco Vannini e le bugie raccontate al telefono al 118. La mediaticità si è trasformata in un clamoroso boomerang. In questo processo mediatico eravamo a conoscenza di tutti i dettagli. La cosa singolare è che pur essendoci giudici popolari questi non siano stati influenzati dall’opinione pubblica”.