Un voto “storico” per l’entrata in vigore di un provvedimento tra i più “progressisti”. E’ il giudizio espresso dalle Nazioni Unite dopo il via libera definitivo in Etiopia a una legge che mira a favorire l’integrazione dei rifugiati.
L’Etiopia funge da modello per gli altri Paesi che ospitano rifugiati
Secondo Unhcr il testo prevede la libera circolazione dei rifugiati, l’accesso all’istruzione primaria, l’integrazione dei sistemi di registrazione civile, il rilascio di permessi di lavoro e o di patenti guida e altri diritti prima non riconosciuti. Filippo Grandi, Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, ha scritto su Twitter: “L’Etiopia non solo onora i propri obblighi internazionali in materia, ma funge da modello per gli altri Paesi che ospitano rifugiati”.
L’Etiopia ospita quasi un milione di rifugiati, perlopiù sudsudanesi, eritrei, somali, sudanesi e yemeniti. Il governo di Addis Abeba si è impegnato sul Global Compact, il patto globale sui Rifugiati, ben prima che il mese scorso il testo fosse adottato al vertice di Marrakesh. Già nel 2016 l’Etiopia aveva dimostrato la propria disponibilità rispetto alla Comprehensive Refugee Response Framework (Crrf), ossia il quadro globale per rispondere al problema dei rifugiati a beneficio sia dei rifugiati che delle comunità ospitanti. Allora il governo di Addis Abeba aveva presentato nove impegni da portare avanti in casa propria. Tra questi la promessa di riformare la legge del 2004, la Proclamazione in materia di rifugiati (Refugee Proclamation), in conformità degli standard internazionali.
L’Unione Africana ha anche dichiarato il 2019 “anno dei rifugiati”
Con queste premesse si è giunti a una riforma delle politiche nazionali che riguardano i rifugiati in conformità ai trattati internazionali e regionali, tra cui la Convenzione di Ginevra (1951), la Convenzione dell’Organizzazione dell’unità africana (1969) e la Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli (1981) entrata in vigore nel 1986. Per la Banca Mondiale, che ha sostenuto la legge, le riforma era “conditio sine qua” per accedere ai fondi già previsti per i progetti di integrazione socio-economica, anzitutto per la creazione delle opportunità di lavoro attraverso parchi industriali.
Il governo di Addis Abeba aveva imposto riserve nelle sue leggi nazionali rispetto alla libertà di circolazione e al diritto all’istruzione. Nel contesto africano l’adozione della nuova legge da parte del parlamento etiopico sarebbe “storica” e anche “una pietra miliare simbolica”. L’approvazione del testo ha anticipato il 50° anniversario della Convenzione dell’Organizzazione dell’unità africana per i rifugiati (1969). Quest’ultimo è un documento che mette in rilievo le specificità del continente in materia dei rifugiati. Nel 2019 ricorre anche il 10° anniversario della Convenzione per la protezione e l’assistenza degli sfollati interni in Africa. L’Unione Africana ha anche dichiarato il 2019 “anno dei rifugiati”.
In Etiopia, però, la riforma che prevede l’integrazione locale dei rifugiati non piace a tutti
L’Etiopia, che ospita la sede dell’Ua, potrà essere un punto di riferimento e confronto per gli altri Paesi che pure ospitano un gran numero di rifugiati che stanno applicando il Crrf, ossia il Patto globale che necessità riforme delle leggi e delle politiche nazionali in materia di rifugiati. In Etiopia, però, la riforma che prevede l’integrazione locale dei rifugiati non piace a tutti. Sarebbe il caso della comunità anuak, della regione di Gambella, dove sono arrivati molti sudsudanesi di etnia nuer. Anuak e nuer hanno sempre avuto conflitti e l’arrivo dei rifugiati ha cambiato l’equilibrio demografico. Oggi gli anuak si sentono una minoranza a casa loro. Secondo alcuni membri della comunità, la nuova legge e’ una minaccia alla loro soppravivenza, anche perché molti sudsudanesi circolerebbero armati.
L’integrazione degli stranieri potrebbe provocare un’escalation delle tensioni e conflitti inter-etnici se non si prenderanno misure per sensibilizzare i leader e le comunità ospitanti. Secondo alcuni osservatori, situazioni del genere non vanno sottovalutate perché nel lungo termine potrebbero degenerare in conflitti. La loro tesi è che sia necessario intervenire per combattere la xenofobia nei confronti dei rifugiati, spesso percepiti come privilegiati. Ci sarebbe poi l’esigenza di educare le comunità al rispetto e alla pace promuovendo l’accettazione delle differenze. Il caso degli anuak potrebbe essere un laboratorio, indicativo anche per quello che accadrà in altre regioni dell’Etiopia e in altri Paesi dell’Africa.
Fonte DIRE