Auguri Dino, simbolo del Basket d’Italia nel mondo, firmato Coach Peterson e Pierlo Marzorati

Due pietre miliari della STORIA della PALLACANESTRO hanno festeggiato il compleanno di MENEGHIN con Radio Cusano Campus

 

Il 18 gennaio non è mai, una data qualsiasi, per la Pallacanestro, italiana, europea e mondiale. E’ il compleanno del più grande rappresentante azzurro del Basket sul Pianeta Terra: DINO. Più semplicemente MENEGHIN. Uno come lui ne nascono ogni 70 anni, se va bene, oppure ogni 12000 kilometri. Forse dall’altra parte del mare potremmo pensare a Bill Russell, a Larry Bird, a Kareem Abdul Jabbar. Da quest’altra parte, nel Vecchio Continente, c’è stato uno che, tolto dalla pista di Atletica Leggera, ha vinto 12 scudetti in 29 campionati, 7 Coppe Campioni su 12 finali disputate, delle quali ben 10 consecutive, con la prestigiosa casacca della Ignis VARESE, una delle grandi realtà assolute, della palla a spicchi dello Stivale, con MILANO e CANTU’, prima che arrivasse una spessa gloria, a BOLOGNA e ROMA.

Sono intervenuti, insieme, nella puntata di “Sport Academy”, due grandissimi personaggi. Il primo, Pierluigi Marzorati, è l’unico uomo al mondo ad aver giocato a Basket in Serie A per 5 (!) decenni, con l’ultima apparizione nel 2006, a 54 anni. Roba da far tremare qualsiasi luminare della scienza medica. “Pierlo” ha vinto tanto, tantissimo, con Cantù e, proprio con DINO, in Nazionale. L’altro è stato l’uomo che ha voluto rischiare un giocatore di 31 anni, con diversi infortuni patiti, portandolo (blasfemia, avrebbero detto, nel Calcio) da Varese a Milano: Dan Peterson. L’uomo che ha saputo motivare, gestire, in campo come nello spogliatoio, il cestista-simbolo per 30 stagioni, del Basket d’Italia.

Che tipo di avversario è stato, quelo che oggi celebriamo per il suo compleanno, Dino Meneghin?

“Innanzitutto è stato un grande compagno con la Nazionale, il punto di riferimento della squadra per una decina di anni e anche più, il faro; per cui, sicuramente, al di là di quello che si conosce di Dino c’era un aspetto morale, umano, che ha sempre tenuto. Con questo suo modo anche scherzoso di vivere l’attività sportiva pure al di fuori del campo. E’ stato sempre un grande compagnone, per tutti i compagni di squadra che abbiamo avuto in Nazionale, e un punto di riferimento per le vittorie”.

Marzorati ci conduce per mano, come faceva in campo con la sua Cantù: “Io e Dino non giocando nello stesso ruolo e non ci incrociavamo spesso ma non ricordo che il nostro centro, Bob Lienhard, scomparso di recente, non ricordo si lamentasse, che mai ha avuto problemi. Erano gli anni in cui c’era un solo americano impiegabile) e il giocatore straniero spesso era un centro, e gli americani si mettevano d’accordo per giocare contro Meneghin. Quindi ne ha passate, di forche caudine: ha dovute affrontare respingere e combattere contro tutti gli americani che, volta per volta, sono venuti a giocare da noi. E questo dimostra quanto era importante, lui”.

Lui per ciò che ha vinto e lei perché in campo ancora a 54 primavere: Marzorati, al mondo, siete unici. Entrambi…

“Unici? Vabbé. Io ho avuto lui come compagno di squadra e capitano della Nazionale. E’ stato importante. Senza dimenticare Sacchetti, piuttosto che Villalta, Riva, Brunamonti, Caglieris: dei compagni che ci hanno permesso di raggiungere l’oro agli Europei di Nantes, e l’argento olimpiadi di Mosca nel 1980. Questi sono stati i due risultati di maggior prestigio; e in questo Dino ha avuto sempre un grande ruolo, per tutti noi”.

Come si preparavamo le partite, nello spogliatoio di Cantù, quando dovevate affrontare Dino, per fermarlo?

“Diciamo che non era tanto Dino, perché sfortunatamente per lui, il grande Professor Nikolic non lo sfruttasse molto dal punto di vista offensivo. Veniva impiegato più per fare i blocchi in favore di Morse, di Raga, Yelverton, e altri. Dino è stato sempre una forza della natura, in difesa, come intimidatore, sotto quest’aspetto. Negli spogliatoi sapevamo che la valanga gialloblù fosse qualcosa di tremendo, ogni volta che lo incontravamo. Diciamo che era un po’ tutto il gruppo, di qualità, quando giocavamo contro Varese. Non c’erano dei particolari schemi, per fermare Dino. Era talmente forte, poi. Ed erano forti tutti”.

Marzorati mi faccio aiutare da uno che descrive spesso altri, quali Numeri 1. Ma lui lo è stato, e lo è ancora. Coach Peterson, buonasera!

“Ciao Pierluigi, Ciao a tutti”, entra con entusiasmo, l’uomo dello Scudetto della Stella di Bologna, che seppe riportare, dopo 21 anni, la Coppa dei Campioni a Milano.

“Ciao Dan!”, dice Marzorati.

Ci ritroviamo qui per celebrare per il grande affetto, per la grande riconoscenza verso l’uomo che non ha cambiato solo la storia di Milano, ma quella di quanti lo hanno conosciuto. Coach Peterson, cosa ha significato Dino, e cosa vuol dire, ancora oggi, per chi ama questa splendida disciplina sportiva?

“Well, stai parlando con Pierluigi, che se Dino è stato il numero 1 di tutti i tempi, Marzorati è molto vicino a essere il numero 2. Ho avuto la difficoltà di allenare 14 anni, sempre contro Marzorati; e 8 contro Dino e 6 con Dino. Era sempre meglio averlo dalla tua parte, questo è sicuro. Quello che lui ha fatto insieme a Pierluigi Marzorati argento olimpico a Mosca nel 1980, la prima medaglia olimpica della pallacanestro italiana; e poi hanno vinto gli Europei nel 1983. Fu il primo oro europeo. Due cose con Coach Sandro Gamba, che è stato veramente l’artefice di tutto, un grande allenatore e due grandi campioni, e anche altri: Sacchetti, Villalta, Bonamico, altri giocatori che hanno fatto un grande contributo”.

L’idea di Coach Peterson su quanto accaduto è ben chiara: “Questo per quanto riguarda la Nazionale ha messo l’Italia sulla carta geografica nel Basket Mondiale. E non vorrei dimenticare quello che hanno fatto i ragazzi, Pierluigi e Dino, a Monaco, nel 1972 giocando la semifinale contro gli Stati Uniti; poi hanno perso per il terzo posto con Cuba per il bronzo la finale di consolazione. Sono stati momenti che hanno radicalmente cambiato la credibilità del Basket italiano, che non ne aveva tanta, prima. Poi a livello di club Pierluigi con Cantù, ha vinto tante coppe, e Dino Meneghin Varese ha giocato 10 finali di Coppa dei Campioni di fila, vincendone 5 perdendone 5. Questi due giocatori, come dico io, sono stati il Polo Nord e il Polo Sud. Se il Basket italiano ha avuto, e l’ha avuta, una grande credibilità, questi sono i giusti motivi”.

Marzorati, avete battuto, nel 1983, quella che reputo sia stata la Spagna più forte d’ogni tempo… “Voglio raccogliere l’assist di Dan: se noi siamo stati il Polo Nord e il Polo Sud, l’Equatore è stato lui, che ha cambiato il modo di affrontare le partite, magari beneficiando anche della rivalità con Valerio Bianchini. Non voglio dimenticare Giancarlo Prima, Coach Gamba, che ci ha portato a quel titolo. Non perché Dan è al telefono ma l’importanza del coach sta nel valorizzare certe attitudini. Tante stagioni falliscono perché magari l’allenatore non capisce come fare una giusta amalgama, tra i giocatori. E allora risottolineo che avere uno come Dino Meneghin, agevola parecchio il lavoro, sia dei compagni che dell’allenatore”.

Coach, possiamo dire che, una volta di più, averlo portato da Varese a Milano, ha girato la pagina della STORIA?

“Eh! A chi lo dici, Ok?” afferma, sorridendo, Peterson. Che spiega: “Sono il primo, a dirlo? Quello che dice Pierluigi, sull’importanza del Coach. Vorrei sottolineare anche altri due nomi, che hanno rivoluzionato il Basket, in Italia: Cesare Rubini, è il primo, grande personaggio-Coach. E Aza Nikolic, quello che ha portato metodo, e che ha allenato, per primo, Dino Meneghin. Pierluigi ha poi giocato con un altro grande, lo scienziato del Basket: Arnaldo Taurisano. L’impatto che hanno saputo dare, tutti, alla figura, dell’Allenatore. Io sono arrivato a Bologna nel 1973 e loro avevano già fatto parecchio, un grande lavoro. L’allenatore non era più una figura part-time: non c’era più quello che faceva l’istruttore di Educazione Fisica, o lavorava in banca. Ci doveva essere full-time”.

Marzorati, dovesse fare l’augurio più affettuoso, a Dino, lo vedrebbe ancora come faro, da dirigente? “Direi di sì. Come si può pensare, a un Dino come giocatore e dirigente, come non possa essere d’aiuto quale referente a livello internazionale? Ai risultati di cui necessita la Nazionale? Al fatto di essere più rappresentativi in FIBA? Lui è l’uomo giusto come apporto per le scelte da fare per il futuro del Basket a livello giovanile”.

Come idee. “E certo”, dice il Capitano di Cantù. Peterson aggiunge: “Sono stato di recente a Belgrado, per il 70° anniversario della federazione serba. E come presidente hanno Sasha Danilovic, grande ex campione, ma tanti, tanti: in Spagna Garbajosa, Divac e Kicanovic in passato in Serbia, Kirilenko oggi in Russia. E’ importantissimo avere una figura di ex campioni, che capiscono il Basket, anche Pierluigi, coinvolto con la FIBA, come Dino. C’è bisogno della loro credibilità, della loro conoscenza, l’espierenza, di questi personaggi”.

Quando è arrivato la prima volta da Varese a Milano, con Dino, ricorda la prima frase, che vi siete detti? Peterson spiega, con semplicità: “Innanzitutto era reduce a 31 anni da infortuni, diceva molto francamente di essere preoccupato che fosse vicino alla fine della carriera. Io risposi di pensare alle Olimpiadi del 1984 cerchiamo di essere lungimiranti. Mi guardava strano ma poi lui è durato fino a 44 anni. Io volevo mettere in testa a Dino che sarebbe andato avanti ancora a lungo, cambiando il suo panorama”.

Ha avuto una volta di più ragione Peterson…

“Incredibile. Anche Pierluigi ha avuto una grande carriera, fino a 40, fino al ‘92. Meneghin, Marzorati, loro hanno qualcosa, dentro, Villalta, Sacchetti, Bonamico, un motore diverso: hanno qualcosa, dentro, ben prima della preparazione atletica. Hanno qualcosa, nel DNA, che diceva, vai avanti, che nessuno ti ferma. Veramente il totem, il monumento della pallacanestro italiana”.

Oggi è il compleanno dello stesso Bonamico, visto che l’avete nominato.

“Yeah”, dice Peterson. Che aggiunge: “Il mio è stato il 9 gennaio, Capricorno. Quando fai il compleanno, Pierluigi?”. Il Capitano di Cantù risponde, col sorriso: “Il 12 settembre, sono Vergine!”.

“Cacchio – scherza Dan Peterson – sei giovane, Pierluigi”.

Marzorati dice: “Io e Dino abbiamo trovato in Valerio e Dan due persone che hanno lavorato prima che sul fisico, sul cervello, un percorso motivazionale”.

Coach Peterson fa una citazione storica: “Avete fatto bene, a festeggiare il compleanno di Dino. E’ stato un onore allenare, non sempre un piacere (lo dice ridendo, ndr), allenare contro Pierluigi, e una gioia e un onore, allenare Dino Meneghin. Un grande onore! Se devo ricordare un preciso episodio ricordate la rimonta in Coppa dei Campioni contro l’Airs Salonicco: avevamo perso di 31 punti all’andata, e vinto di 34, a ritorno. Il faro è stato Dino Meneghin. Quello che ha fatto lui è stato qualcosa di grandioso. Tullio Lauro chiese a Bernardi un parere, e disse, in risposta: “Un altro Meneghin, in Italia, non è ancora nato. Chiudo così”.

In quella partita avete difeso con l’Aris sempre 1-3-1: “Non tutta la gara, anche a uomo. Non la puoi fare per 40’, anche a uomo. In mezzo c’era Dino, davanti Mike D’Antoni, e con questi due personaggi abbiamo vinto”.