10 gennaio 2019. Una piccola barca con a bordo 51 migranti si ribalta sulla costa crotonese, vicino la sponda di Torre Melissa. Urla e grida strazianti arrivano fino al paese tanto da far svegliare gli abitanti che stanno dormendo. L’intero paesino non ci pensa due volte e si mobilita per salvare queste persone, intrappolate in mare in balìa delle acque gelide e delle onde grandi… Tra le tante persone che sono accorse per salvare questi migranti c’è anche Roberto Luongo, collaboratore dell’Hotel Miramare di Torre Melissa che ai nostri microfoni, racconta cosa è accaduto di preciso quella notte di qualche giorno fa.
“Erano le 4 del mattino quando sono stato svegliato da urla disumane. Li per li ho pensato si trattasse di un gruppo di qualche ragazzo preso a far baldoria ma poi ho riflettuto che sarebbe stato quasi impossibile essendo gennaio e facendo molto freddo fuori. Mi sono affacciato e ho visto un uomo vestito solo coi i boxer e un ombrello in mano e un altro che indossava solo un paio di pantaloni. Poi guardando meglio ho notato che si trovava li anche il direttore dell’Hotel Miramare, il sigor Raffaele Mugi, quindi sono sceso a vedere cosa stesse accadendo e mi sono reso conto che non si trattava di una situazione di pericolo ma di poveri naufraghi che cercavano aiuto, quindi mi sono tolto la parte superiore della tuta porgendola ad uno di loro, li ho abbracciati e li abbiamo portati dentro l’albergo, dopo aver chiamato polizia, guardia di finanza e ambulanza. Nella prima mezz’ora siamo stati tranquilli ma poi ci hanno detto che in mare si trovavano altre persone, quindi sono sceso in spiaggia e ho visto la piccola barca ribaltata con altra gente, soprattutto donne e bambini quindi mi sono subito fiondato in mare per salvarli tutti; li abbiamo portati in albergo, abbiamo dato loro da mangiare e poi sono stati accolti dalla comunità che si trova qui vicino. A distanza di dieci giorni ancora sento le urla di quella notte e le facce dei primi dieci sono rimaste impresse dentro di me… Qualcuno ha anche criticato il gesto ma voglio dire che è un atto dovuto, cristiano e di solidarietà, lo avrei fatto per chiunque altrimenti non avrebbe senso andare in chiesa a pregare.”