Secondo la Coldiretti, il 25% dei prodotti sugli scaffali ha un evidente richiamo all’italianità che spesso viene sfruttata a sproposito.

2/3 degli italiani pagano anche il 20% in più per prodotti Made in Italy

L’analisi della Coldiretti si basa sui dati dell’Osservatorio lmmagino. Quest’ultimo ha rilevato le caratteristiche del packaging di 67855 prodotti del mondo del food con anno terminante a giugno 2018. Emerge che i 2/3 degli italiani sono disponibili a pagare almeno fino al 20% in più pur di garantirsi l’italianità del prodotto. Non mancano, però, gli inganni. Gli interventi dell’Autorità Garante della concorrenza hanno dimostrato sono moltissimi i prodotti contraffatti. L’Autorità  ha contestato tra l’altro la presenza della bandiera italiana e della scritta “Product of Italy” su vasetti di Pomodori secchi a filetti e di Frutti del cappero provenienti rispettivamente da Turchia e Marocco. Le etichette con bandiere italiane inducevano i consumatori a pensare che le conserve fossero preparate con verdure coltivate in Italia.

All’estero la situazione è ancora più grave. Qui l’utilizzo del tricolore sui prodotti alimentari non è tutelato nell’ambito degli accordi bilaterali stipulati dall’Unione Europea, dal Ceta con il Canada, fino a quello con il Giappone. Infatti, i colori nazionali vengono sfruttati strumentalmente per “spacciare” il falso Made in Italy. Il risultato è che l'”agropirateria” internazionale fattura oltre 100 miliardi di euro. Il tutto utilizzando impropriamente bandiera, parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia.

Per tutelare il vero Made in Italy la Coldiretti ha promosso insieme ad altre nove organizzazioni l’Iniziativa Europea dei Cittadini “EatORIGINal – Unmask your food” per estendere l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti. Nello specifico questa proposta d’iniziativa dei cittadini si prefigge di rendere obbligatoria l’indicazione del paese di origine per tutti gli alimenti trasformati e non trasformati in circolazione nell’Ue.

                                                                                                                                                                    Fonte DIRE