Il discorso di fine anno pronunciato dal Presidente della Repubblica conferma il tratto che connota l’interpretazione data del proprio ruolo istituzionale da parte di Sergio Mattarella.
Abbiamo ascoltato parole chiare, dette con autorevole garbo.
Alcuni passaggi caratterizzati da particolare fermezza sono stati espressi sempre nel rigoroso rispetto della delicatissima funzione affidata dalla Costituzione al capo dello Stato.
Non essendo qui possibile ripercorre per intero le considerazioni svolte dal Presidente, vorrei brevemente soffermarmi almeno su alcune di esse, che con le altre concorrono a costruire un discorso denso, ma non prolisso.
Il Presidente ha parlato ed ha parlato nella giusta sede.
Ferma la necessità costituzionale di promulgare la legge di bilancio, non ha potuto non rimarcare l’altra necessità di pari valore costituzionale di far sì che in Parlamento si creino le condizioni perché le forze di maggioranza e opposizione realmente possano discutere la manovra che contiene le scelte politiche fondamentali di allocazione delle risorse fatte dal Governo.
Tutti noi abbiamo assistito ad una discussione che non so se definire assente o sgangherata.
Nel quadro delle scelte fatte il Presidente ha dovuto dire che “tasse sulla bontà” non sono in linea con il programma costituzionale di solidarietà sociale, rispetto al quale, con lucida onestà, il capo dello Stato ha dovuto ammettere che le pubbliche istituzioni sono spesso inadempienti: per questo non ha senso penalizzare gli operatori del Terzo Settore che con la loro azione colmano le lacune dell’intervento pubblico.
Gli auguri di buon anno, poi, rivolti a Papa Francesco non vanno letti certo come un’antistorica alleanza tra trono e altare, ma il giusto riconoscimento dell’opera quotidiana del Sommo Pontefice improntata ai valori di pace, solidarietà, rispetto della persona umana che costituiscono il cardine della Costituzione della Repubblica.
Nell’era di conclamata crisi della rappresentanza politica e di diffusa sfiducia nelle istituzioni il fatto che la più alta magistratura dello Stato sia incarnata da una personalità dello spessore di Sergio Mattarella deve, da un lato, rincuorarci e, dall’altro, spingerci a rifuggire un troppo facile disimpegno rispetto alla comunità cui apparteniamo.
Grazie, Signor Presidente: per quello che ci ha detto la sera del 31 dicembre, per quello che fa per la Nazione tutti i giorni, spesso in sapiente silenzio.
Se posso, a Lei i più sentiti auguri di buon anno.
Prof. Federico Girelli
Docente di diritto costituzionale
Delegato del Rettore per la Disabilità
Università Niccolò Cusano