Giochi, bambole, computer e chi più ne ha più ne metta: sono un’infinità i desiderata dei bambini in prossimità del Natale, basta scorgere le letterine. Avete conteggiato la quantità di oggetti che dovrebbero abitare le camerette dei vostri bambini, se solo Babbo Natale dovesse decidere di accontentarli? Non saranno un pò troppi?

Consumismo dei giochi vs consumismo didattico

“Leggiamo interi cataloghi di desideri, ma sono originali o indotti? I venditori sono stati bravi a renderli parte di un immaginario che acceca – ha affermato il prof. Benedetto Vertecchi, a Tutto in Famiglia, su Radio Cusano Campus – eppure i bambini di oggi non sono tanto diversi da quelli di cinquant’anni fa, nei comportamenti somigliano molto ai nonni, e non sono come l’industria del marketing vorrebbe farci credere. Il consumismo dei giochi è stretto parente del consumismo didattico, che non crea situazioni per l’apprendimento, ma si limita semplicemente a riprodurle. Basti pensare alla quantità di studenti che non sanno contare, non sanno mettere in riga i numeri, o meglio riescono, ma sempre più raramente.”

Le cause del problema

Quali sono le cause del problema? Potrebbero essere le tecnologie, “i telefonini sono i mostri del nostro tempo. Vedo file di persone col cellulare in mano: a cena, in strada – ha sottolineato Vertecchi, direttore del Dipartimento di Educazione dell’Università Roma Tre e professore emerito – sono bambini che a dieci anni hanno perso la capacità di tenere una penna in mano. In questo c’è stata un’involuzione, persino giocattoli che erano stimolo di capacità creativa, oggi non lo sono più. La scrittura è un’attività manuale strettamente coordinata col pensiero”, che è quasi passata di moda.

In uno scenario rinnovato e involuto, come orientare i figli al meglio?

Bisogna tornare ad “acquistare oggetti che stimolino una manualità – si è congedato il pedagogista – che sia leggere, scrivere, o fare conti, poco importa.”

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