Stefano Tilli, i suoi schietti pareri accendono la luce,
nel tunnel senza uscita dell’Atletica Leggera italiana
Tilli: “La FIDAL? No, non ci chiede consigli, e si vedono, i risultati. Mennea non è mai entrato, in Federazione; e la Simeoni solo con ruoli marginali. Hanno rinunciato pure a Sabia e Di Napoli, e Stefano Mei è stato respinto”. Sull’astro nascente Tortu uno dei moschettieri della più bella 4×100 italiana dice: “I miei erano consigli, invece sono sembrati critiche. Ma avrei insistito sui 200 metri, sui 100 noi europei non siamo come gli USA o i caraibici”
Da un prezioso articolo di “Repubblica” di Enrico Sisti abbiamo tratto spunto per intervistare uno dei moschettieri della più famosa staffetta 4×100 metri piani nella storia dell’Atletica Leggera, Stefano Tilli. “Vale come il restauro di un affresco, di un dipinto attaccato ai muri della città e sulla pelle della gente, che ama e frequenta l’Atletica. Da oggi è a disposizione la nuova pista, allo stadio Paolo Rosi. Dovrebbe essere normale amministrazione, ma il nostro paese, lo sappiamo, ama e cura lo Sport con sospetta intermittenza”.
Buonasera Stefano Tilli. Non è un impianto qualsiasi, per diversi motivi, a parte l’acclarata bravura descrittiva del telecronista più famoso della Rai, nel settore che tu ami.
“Quella è un po’ casa mia, nel senso che l’ho frequentata per più di 20 anni, la sento veramente come una seconda casa. Lì ho passato ore di allenamento intensissime e quella pista è stata calcata da me, da Pavoni, da Pietro Mennea, dalla Ottey, nel periodo che è stata qui con me , a Roma; dalla Capriotti, dalla Cirulli. Tutta l’Atletica romana, è passata per quella pista”.
Chi ama l’anello su cui diverse specialità vengono prodotte, con impegno e sacrificio, credo debba più di qualcosa a quel tipo d’impianto. C’è passata la storia e l’amore, per le discipline che avete rappresentato egregiamente.
Tilli dice, con partecipazione: “Ricordo con affetto le volate con Pietro Mennea, Marisa Masullo che veniva talvolta ad allenarsi lì. Abbiamo anche fatto una due giorni con Maradona, sotto lo sguardo vigile del professore Dal Monte!”.
La fotografia di Stefano Tilli diventa una pennellata che rapisce l’attenzione e i sentimenti di chi ascolta: “Un impianto nel cuore di Roma estremamente funzionale e dove io passavo gran parte della giornata perché, attraversata la strada ero al “Giulio Onesti” a fare potenziamento, palestra e tutte le metodologie applicate dal Professor Dal Monte. Dall’altra parte, nel rettilineo coperto, per riparo dalla pioggia, c’era la pista per fare le ripetute, nel pomeriggio. Con una puntatina anche a Villa Glori, a fare le salite e li passavo gran parte della mia giornata e i migliori anni della mia carriera sportiva”.
Quanto necessita una città come Roma, di seguire l’esempio del ripristino del “Paolo Rosi”?, per dare recinti sicuri a tanti giovani e non solo.
“Roma con i problemi delle periferie al degrado, del traffico, più piste ci sono e meglio è! Perché non valorizzare quelle già esistenti, che sono anche tra le più belle al mondo? Come lo Stadio dei Marmi, così bello e dedicato all’Atletica non l’ho mai visto. O le Terme di Caracalla, senza nemmeno parlarne. Il Tre Fontane”.
Sembra quasi un atto d’amore e di riconoscenza, verso la Città Eterna, questo di Stefano Tilli.
“Roma è talmente grande, dispersiva e trafficata, che bisogna avere un impianto a 15/20 minuti di macchina o mezzi. Altrimenti diventa difficile praticare qualsivoglia sport. La preparazione atletica è alla base di qualsiasi disciplina”.
Ti è mai capitato, come ci capitava ai tempi delle scuole medie, di allenarti all’esterno, delle Terme di Caracalla, dove c’è un anello naturale, tra gli alberi?
“Certo. Con il Professor Rotundo, che allenava Paolo Catalano, Anna Catalano, Cecchini, tanti campioni romani. Mi è capitato anche di correre fuori l’anello dell’Acquacetosa, insieme a mille altri mezzofondisti. Un anello di 500 metri. A voglia, quanti ne abbiamo corsi!”.
La Federazione di Atletica Leggera, ogni tanto, vi chiede consigli su come impostare alcune attività?
“Direi di no e si vedono anche i risultati. Senza nessuno spirito polemico. Mennea, ad esempio, non è mai entrato in Federazione, non c’è entrata Sara Simeoni, se non per ruoli marginali. Sabia o Di Napoli, o Stefano Mei, che ha provato ad avvicinarsi come presidente ed è stato respinto. L’Atletica sa farsi male, come pochi altri sport, e non attinge all’esperienza vincente di tanti campioni che ha avuto”.
Hai seguito l’ultima riforma, firmata da La Torre? La riduzione del gruppo d’élite di atleti, in quota medaglia, sui quali concentrare gli sforzi. Dare poi un altro tipo d’impiego, al resto della piramide.
“Questo va benissimo. Chiaro che bisogna concentrare le risorse per un’élite di atleti. Il problema è come concentrano le risorse e poi non bisogna essere troppo sofistici, perché di atleti di potenziali medaglie olimpiche, ne abbiamo sulle dita di una mano. Una federazione non può stare in piedi spendendo 20 milioni di Euro, per fare allenare 4-5 atleti. Va coltivata la base ed allargata, non solo per il breve periodo ma per un quadriennio. Questo fa la Francia! Ci areniamo dopo il livello giovanile, perché investiamo molto li e poco dopo”.
Tortu è una ciliegina, in questa situazione. Che consigli gli daresti, da velocista?
“Ho provato a dargli dei consigli, non sono stati recepiti nella maniera più giusta. Erano consigli e invece sono apparsi come critiche. Non ne ho di consigli, visto che si sta muovendo molto bene di suo. Avrei insistito sui 200 metri ma mi hanno detto che c’erano problemi fisici da affrontare. Non sarei stato così digiuno di gare, dal 9,99 fino a Berlino, e anche li c’erano problemi. Non conoscendo il quadro, non mi sento di dargli consigli. Da appassionato insisterei sui 200 metri, ove può sfruttare le sue doti elastiche. Sui 100 di occasioni di medaglia ce ne sono molte di meno. L’accelerazione non sarà mai come un americano o un caraibico, per cui deve concentrarsi sui 200, dove può far valere le sue caratteristiche negli ultimi 50-60 metri”.
Ho l’impressione che in questo mondo accelerato, dove tutto va più veloce, anche l’Atletica si sia aperta all’innovazione, con nuove tecniche di allenamento, proposto qualche soluzione nuova. Mi sbaglio?
“Senz’altro la scienza applicata all’Atletica l’abbiamo praticata noi. Con Fosco, con Vittori, era tutto un fiorire di un’applicazione scientifica alla metodologia sportiva. Ora si è andata avanti su questa strada, con tecniche per la supervelocità, i mezzi ostacolanti, come le slitte, il traino, il paracadute. Noi già 30 anni fa misuravamo i tempi di contatto dl piede a terra, la fase di volo. Si era fermata l’evoluzione, ora è ripresa. Il Professor Vittori diceva “Come la forza cresce col sovraccarico, anche la velocità cresce con la supervelocità”, e noi pionieri ci siamo lanciati in sperimentazioni. Dietro ad una moto, una Ducati 350! Vi assicuro che sono stati momenti terribili; la corsa in discesa, e ne abbiamo sperimentate tante e siamo stati i pionieri. La strada era giusta”.
Ci vediamo domenica, per il Calcio ad 11, per seguire il tuo pargolo, che fa un altro Sport, ma segna tanto e gioca di squadra, con l’Atletico Vescovio, nel Girone A di Eccellenza Lazio.
“Non si è mai avvicinato all’atletica – dice sorridendo Stefano Tilli – ma sfrutta velocità e scatto, caratteristiche genetiche!”.
L’intervista, andata in onda in “Sport Academy” del 4 dicembre,
è stata raccolta e dattiloscritta dal radiocronista Giulio Dionisi