Dalla ricerca del giornalista Davide Stasi, riportata nel suo blog “Stalker starai tu!”, emerge che tre uomini su cinque sono vittime di stalking, sette su dieci di violenza fisica, quattro su cinque di violenza psicologica ed economica e due su cinque di violenza sessuale. Con una proiezione sul livello nazionale stimata in quasi 8 milioni di uomini vittime di violenza per mano femminile. I più soggetti alla violenza delle donne sono gli uomini in fase di separazione, seguiti da separati e divorziati, a riprova che è nella rottura delle relazioni, che spesso coinvolge i figli, ad annidarsi il male oscuro della violenza. Una violenza che, a seguito di questa indagine, non è più legittimo definire “di genere”, con ciò intendendo quella dove le vittime sono sempre donne e i carnefici sono sempre uomini. Dopo questa rilevazione “violenza di genere” deve assumere un significato equilibrato, finalmente sostenibile. Si torni dunque a parlare di violenza come fattore umano, condizionato essenzialmente dal contesto e non dal genere di appartenenza di chi la fa o la subisce. Una riga netta tracciata su una narrazione sbilanciata, demonizzante da un lato e deresponsabilizzante dall’altro: questo è l’indagine conoscitiva sulla violenza verso l’uomo. Oltre che un’indicazione di massima per orientare interventi finalmente equilibrati che ne contengano, se non addirittura ne impediscano, la manifestazione.
“Queste violenze avvengono nell’ambito della coppia in crisi ovviamente” dichiara Stasi ai nostri microfoni, “in una relazione ormai agli sgoccioli. I dati si possono paragonare a quelli relativi alle donne vittime di violenza da parte degli uomini se pensiamo che la violenza può essere anche psicologica ed emotiva ed avviene sempre quando ci sono le tensioni interne fra due persone. Io sto portando avanti una battaglia contro l’utilizzo della parola femminicidio perché una persona uccisa non può essere distinta in base al genere: una violenza è una violenza e basta, non importa verso chi è rivolta. Io non cerco di sottostimare il fenomeno del femminicidio chiamandolo violenza in generale ma è comunque un omicidio. Una donna che viene uccisa ogni 200 mila abitanti è un fenomeno FISIOLOGICO, in termini sociologici. I dati italiani sono confortanti, siamo uno del Paesi più sicuri per le donne: quest’anno le donne uccise dagli uomini sono 46 mentre i dati in Paesi molto sviluppati nell’ambito dei diritti femminili come Danimarca e Svezia sono un incubo, per non parlare della Russia o dell’America. I dati che troviamo sui mass media sono fuorvianti: secondo uno studio, associare i titoli riguardanti i femminicidi alle pubblicità sulla moda fa tendere le donne a un maggior consumo, a una voglia maggiore di fare shopping e si sà che le donne sono più portate a comprare. L’uomo invece è più propenso a un maggior risparmio quindi non viene toccato da questi titoli ma in ogni caso pensate che ci sono più persone che muoiono per gli incidenti domestici. In tutto ciò i centri anti violenza sono diventati il fulcro di tutto questo giro: ci sono milioni di euro che vengono dati per fare ricerche sulla violenza contro le donne ma mai contro quella degli uomini, tutto questo è un’anomalia!”