Enrico Stefàno, presidente della Commissione mobilità di Roma Capitale, è intervenuto a Radio Cusano Campus, nella trasmissione “Cosa succede in città”, per ribadire il no del Movimento Cinque Stelle al referendum sull’Atac dell’11 novembre. I romani voteranno per la messa in gara del servizio di trasporto pubblico a Roma.

 Presidente Stefàno perché il servizio del trasporto pubblico deve rimanere ad Atac?

Perché qualsiasi gestore si ritroverebbe ad avere gli stessi problemi di Atac in questo momento. Gli spot del Comitato del sì sono un po’ fuorvianti perché la performance del trasporto pubblico non dipende solo dal gestore. Se i cittadini aspettano tanto tempo l’autobus alle fermate non sempre la responsabilità di Atac. C’è un tema legato alla congestione stradale. Per esempio, via Cristoforo Colombo 16 alle 20 è completamente intasata dalle automobili ed è normale che io aspetto il 714 o il 30 per mezz’ora. In questo caso la colpa.

 Lei dice che non è solo di Atac la responsabilità di un servizio scadente?

Non solo di Atac ma di una città trafficata. Sono temi sui quali stiamo lavorando in modo intenso. Penso al Piano urbano per la mobilità sostenibile che prevede tante nuove infrastrutture tranviare per migliorare la qualità del trasporto pubblico locale. Penso alle misure che stiamo cercando di mettere in atto già dal prossimo anno per ridurre la congestione stradale, come la riforma della sosta tariffata, della ztl. In assenza di questi interventi qualsiasi gestore sarebbe in grosse difficoltà a prescindere se sia pubblico o provato. Nessuno dice che Atac sia l’azienda ideale in questo momento ma un’azienda che per dieci anni non ha visto investimenti, per dieci anni non si sono comprati autobus, noi lo stiamo facendo.

 Come?

Abbiamo sbloccato la precedente gara per oltre 150 mezzi, ne arriveranno 227 nuovi il prossimo anno, altri 100 li stiamo recuperando tramite noleggio, più 60 minibus elettrici che sono fermi da tre anni, più 45 filobus che abbiamo messo sulle strade e stavano marcendo in un deposito. Se non investi per 10 anni in un’azienda quell’azienda non può essere efficiente. Il Cda inoltre sta portando avanti una riorganzzazione di Atac, è stato ridotto il numero dei dirigenti, si sta lavorando per aumentare le sanzioni, i controlli contro l’evasione. Insomma tutte operazioni che stiamo mettendo in campo per rendere l’azienda efficiente e competitiva. Se da una c’è un lavoro di governance che si sta portando avanti, dall’altro se Roma sarà una città povera di infrastrutture su ferro e fortemente trafficata qualsiasi gestore si troverebbe in difficoltà, basti pensare a Roma Tpl che di fatto ha lo stesso livello di servizio di Atac.

 I promotori del referendum hanno accusato il Comune di boicottare la consultazione. Avete avuto un atteggiamento di questo tipo?

Boicottaggio no, io ne parlo sempre ed è stato occasione di confronto con chi la pensa diversamente perché il confronto è il sale per l’attività che svolgo e senza di esso non avrebbe senso. A livello istituzionale abbiamo attivato tutti i canali di informazione, la comunicazione sul web, cartacea, anche una newsletter arrivata agli iscritti del portale di Roma Capitale.

 A spalleggiare il Comitato promotore del referendum sono i deputati e i senatori del Partito Democratico che hanno lanciato una campagna a favore del sì chiamata “I Democratici votano sì”. Che ne pensa?

Sinceramente mi viene da ridere. Mi pare che il Partito Democratico abbia avuto più di un’occasione per governare questa città. Se Atac ha accumulato 1 miliardo e mezzo di debiti un filino di responsabilità è anche la loro, hanno amministrato questa città e anche Atac e non ho visto cambiamenti radicali.  Noi a differenza di loro e di chiunque altro abbiamo dimostrato parecchio coraggio avviando la procedura di concordato, a cui nessuno credeva. Invece il tribunale ci ha detto che era la strada migliore da intraprendere e abbiamo avviato il risanamento dell’azienda. I soldi dei cittadini romani non si buttano più in Atac a fondo perduto ma con un piano industriale serio.  

 Il Pd dà al referendum una valenza politica. Lega il risultato della consultazione a una promozione o a una bocciatura della Giunta Raggi. Per lei è così?

Mi dispiacerebbe perché sarebbe una distorsione di questo strumento. Tramutarlo in un referendum su Virginia Raggi e Movimento Cinque Stelle sarebbe grave e un offesa nei confronti di chi ha firmato, ha raccolto le firme per far sì che questo referendum accadesse. Non capisco perché a Roma quando governa il M5S le sentenze debbano essere date dopo due anni. Nel 2021 tireremo le somme, se siamo stati cattivi i cittadini non ci confermeranno, il contrario se siamo stati bravi e secondo me lo saremo.