Tre sono le parole chiave che appaiono orientare gli sviluppi futuri nel settore automobilistico: guida autonoma, condivisione dei veicoli, propulsione elettrica. Si tratta dei tre pilastri che si auspica possano consentire, in un futuro non troppo lontano, una mobilità veramente sostenibile dal punto di vista della sicurezza, dell’efficienza, e dell’impatto sull’ambiente.

Le case automobilistiche e nuovi player come Uber e Waymo, nuovo nome del progetto “self-driving cars” di Google, hanno in programma investimenti per centinaia di miliardi di dollari nell’automazione. La Commissione Europea ha pubblicato lo scorso maggio una comunicazione dove è delineata la strategia perché l’Unione Europea sappia cogliere le opportunità offerte dalla mobilità autonoma e sia in grado di affrontarne le sfide.

Attualmente sono stati creati sei livelli di automazione, codificati a livello internazionale dall’ente di normazione SAE – Society of Automotive Engineers. Si va dal livello 0, nessuna automazione, al livello 5, quello della guida interamente autonoma in cui la presenza dell’uomo a bordo è del tutto ininfluente.

La Convenzione di Vienna sul traffico stradale, cui l’Italia aderisce con altri settantuno stati, che in precedenza recitava “ogni conducente deve avere costantemente il controllo del proprio veicolo” (livello di automazione 0), è stata recentemente modificata per consentire il livello 3, quello del parcheggio automatico già offerto da alcune case automobilistiche, ed il livello 4, quello in cui l’auto si guida da sola ma la persona a bordo può decidere in ogni momento di riprendere il pieno controllo del veicolo.

Barriere all’introduzione della piena automazione non mancano. Vi sono incertezze tecniche relative alla “security” (“cyberattacks”), al rischio “privacy” per la comunicazione dei dati, all’interazione con altri utenti dalla strada. Per quest’ultimo aspetto il problema più significativo è considerato dai progettisti quello del riconoscimento dei messaggi non verbali da parte di pedoni e altri automobilisti, come i cenni della mano e i movimenti degli occhi.

Esiste poi il problema tuttora irrisolto della gestione delle situazioni inattese di pericolo. Il problema ha risvolti etico-filosofici non semplici da affrontare. Si tratta del famoso “dilemma del carrello”: un carrello ferroviario proseguendo sul suo binario investirebbe cinque persone, ma c’è di fronte un deviatoio che consentirebbe, cambiando direzione, di investire una sola persona. Quale direzione deve prendere il carrello?

Infine, è tuttora aperta la questione relativa agli impatti sul traffico: la congestione aumenterà? Sondaggi eseguiti negli Stati Uniti suggeriscono che in presenza di flotte di “robot-taxi” le persone sarebbero inclini ad effettuare più spostamenti. Alcuni esperti propongono per le città europee, dove lo spazio è più limitato rispetto alla maggior parte dei centri urbani degli Stati Uniti, un modello di mobilità che vede l’auto automatica, insieme alla mobilità dolce, come complementari per l’ultimo miglio ed in funzione di adduzione al “mass transit”, il trasporto pubblico di massa, cioè metropolitane e ferrovie regionali. Il dibattito è in corso.

Paolo Delle Site, docente di Tecnica ed Economia dei Trasporti.