Caro Diego, la tua felicità è quella di tutto il mondo
di ogni bambino che ama un pallone che rotola
E Radio Cusano Campus ti fa gli auguri così…
Nappi, il tuo libro, che è quasi un saggio, un pamphlet a Maradona, è molto completo. Come è arrivata, a te giovane, la fama del Pibe de Oro?
“Sono nato nel 1990 e non ho ammirato le gesta dell’argentino. So, però, che esiste una generazione pre ed una post, Maradona. Ho ascoltato mio padre, che era allo stadio, ad Italia-Argentina, nel 1990, al San Paolo. Ho sentito i racconti di nonno e nonna, che ricordavano lo scudetto. Io faccio parte della seconda, per me è un mito. Forse, però, il mito è creato dai filmati su youtube, dall’alone di leggenda”.
Oltre il Vesuvio, sarebbe stato sempre Maradona?
“Assolutamente sì. Chi lo ha allenato, nei campi di Buenos Aires, già si rendeva conto, del bambino che aveva davanti. Ha scritto la storia del calcio, da 8 anni all’ultima partita col Boca Juniors. A Napoli ha raggiunto l’apice, senza la piazza napoletana sarebbe stato comunque un altro Diego”.
Batistuta dice oggi che non sopportava, a volte, Maradona. Uno dei pochi calciatori, che ha detto questo ed è stato sincero come pochi!
“Diego ha vissuto 10, 20, 30 vite: ha commesso errori ma aveva una capacità magica. Migliorava chi stava con lui. Nel 1984/85 il Napoli perse tutte e tre le prime partite e arrivò all’ottavo posto. Lui ne parla con Ferlaino e dopo regala un momento indimenticabile, per il popolo napoletano. Era un vero professionista, nonostante ciò che si dice. Anche se la mattina preferiva dormire. In campo e nell’allenamento precedente le gare, però, dava tutto”.
Lui ha girato tutto il mondo. Dove è davvero di casa?
“Ha girato tutto, il mondo. Probabilmente è un po’ uno straniero costante. Ha criticato Blatter e quindi, la FIFA. Si issa a dimenticato del mondo, ed è uno dei pochi. Come Michael Jordan e Cassius Clay. Esistono poche figure sportive, che possiamo citare orgogliosi, negli altri continenti. Di risposta ci faranno un sorriso, capendo cosa volessimo dire”.
Pensi che la sua figura fosse troppo ingombrante, per chi comanda i fili del calcio?
“Assolutamente sì. USA 1994 e gol fantastico, contro la Grecia, poi la scena, con la manina dell’infermiera che lo scorta al controllo antidoping. Persona bella ma spesso circondata da chi non gli voleva bene”.
Ultimamente, però, il verbo Maradona, in Argentina, non è più…verità. Cosa è successo?”
“Le sue dichiarazioni hanno sempre spaccato in due chi le ascolta. Prima della partita contro l’Italia, disse: “Io mi ricordo dei napoletani 364 giorni l’anno, l’Italia si ricorderà di loro solo il giorno dell’Italia”. A Buenos Aires attaccò italiani e napoletani. Per me questa è la sua grandezza.
La sua grandezza leggendaria, non è mai stata intaccata?
“No. Il momento televisivo, in cui partecipa a spettacoli ingloriosi italiani, non è perdonabile. Ne vogliamo ricordare l’altro”.
L’omaggio di una penna napoletana verace: Maurizio Sansone
Di Diego Armando Maradona ha parlato sull’emittente marconiana dell’UniCusano anche il collega giornalista professionista Maurizio Sansone, che ha vissuto, quello speciale Napoli scudettato ed europeo, capace di arrivare alla conquista della Coppa Uefa.
“Non ha bisogno di auguri, ma di salute! Ultimamente in Argentina lo abbiamo visto non in ottime condizioni. Napoli, però, deve solo grazie a lui il miglior periodo calcistico!
Napoli, con Maradona, ha rappresentato il riscatto sociale, di quella città e del suo hinterland.
“Esatto. Contemporaneo ad un riscatto della società, cominciata con Ferlaino. E poi proseguita, con gli altri. Invito tutti i giovani calciatori ad apprendere, cosa sia stato Diego, non solo tecnicamente. Dentro ai Quartieri Spagnoli, Via Toledo, c’è un murales su di lui, fatto da Bosoletti, l’anno scorso, che ha restaurato il murales”.
C’è anche Diego in versione francescana.
“Perché c’è un legame mistico, tra lui e la città, e lui non manca mai, di ricordare l’affetto che ha, per Napoli. Poco tempo fa, con un amico di RadioKissKiss, l’emittente ufficiale del Napoli Calcio, ho suggerito una petizione, per intitolare il San Paolo a Maradona. Per la città, lui è il migliore”.
Bruscolotti ricorda come festeggiava il suo compleanno. E ha detto, il Capitano: “Una grande festa per tutti: riempiva lo spogliatoio di pasticcini e champagne!”.
“Nell’ultimo scudetto – rammenta Maurizio Sansone – ricordiamoci cosa avvenne a Galeazzi, inviato della RAI. Si festeggiava sempre così, perché era uno spogliatoio unito, anche grazie a lui”.
“Lunga vita al Re” citando diversi fonti, letterarie e cinematografiche. La sua rappresentanza in giro per il mondo aiuterebbe la scarsa immagine data dal Calcio, ultimamente?
“No. Non accetterebbe certi poteri, dell’establishment. E’ diverso, da uno come Platini”.
Si è imborghesito Michel, diciamo?
“C’era una contrapposizione già chiara, allora: Maradona rifiuta un assegno in bianco di Gianni Agnelli, per non tradire Napoli. Non come altri, di recente, hanno fatto, per esempio. Platini rappresentava la borghesia di un club appartenente a una famiglia potente e industriale, quella degli Agnelli; Maradona era il popolo, di Napoli”.
E allora cosa gli potremmo dire, in segno di augurio?
“Statt’ buon’, DIE’, e vieni a Napoli, che c’è bisogno del suo incoraggiamento, e del suo occhio!”.
I testi sono stati raccolti da Giulio Dionisi