Il Ministro della Pubblica Istruzione, come si diceva una volta, ha rilasciato la sua ennesima intervista “programmatica”, in questo caso al Corriere della Sera, all’interno della quale tenta di motivare alcune delle scelte fatte sino a questo momento in quel di Viale Trastevere, spiegarne altre ed anticiparne altre ancora. Forse perché incalzato dalle domande della collega del Corriere, forse perché preoccupato di trovarsi di fronte l’ennesimo quesito al quale rispondere “non ne so nulla, non mi risulta”, come fu costretto a fare quando la stampa gli chiese dettagli circa l’abolizione del numero chiuso annunciato a sorpresa al termine del Consiglio dei Ministri, sta di fatto anche in questa occasione, il Bussetti ‘uomo di scuola’ non ha entusiasmato né con le sue affermazioni, né dal punto di vista delle argomentazioni.

Volendo essere brutalmente onesti, Bussetti ha fatto saltare sulla sedia più d’uno, soprattutto quando ha risposto alla domanda sull’assenza di fondi previsti in legge di bilancio per scuola e università: “Non chiederemo più soldi, non è detto che per migliorare servano più finanziamenti: la scuola deve diventare efficiente con quello che ha. Come diceva mia nonna: ci si scalda con la legna che si ha”. Nel pieno rispetto della nonna del Ministro e della cultura sapienziale che ha saputo trasmettere al nipote, la legna a disposizione è talmente poca che non scalderebbe nemmeno una scuola in buono stato di salute, figurarsi quella attuale, che Bussetti ha ereditato in grave ipotermia e che così morirà presto di freddo. Se non lo ha già fatto in dignitosa sordina.

La legna stipata in cascina per la scuola, ad onor del vero, non è mai stata molta e sicuramente sempre insufficiente rispetto sia all’importanza dell’istituzione, sia alla sua sopravvivenza. In caso contrario, solo per esempio, il Miur non avrebbe dovuto operare, siamo nel 2017, una decurtazione arbitraria delle ore di esecuzione musicale agli studenti già iscritti nei licei musicali. Se avesse avuto i fondi che non ha, non sarebbe stato un problema reclutare il numero di docenti sufficienti in proporzione agli studenti iscritti. E, soprattutto, se avesse avuto i soldi che non ha, non avrebbe dovuto subire ben 11 sentenze sfavorevoli, di cui una del Consiglio di Stato e l’ultima del Tar che, di fatto, commissaria il Miur per ristabilire la situazione antecedente alla nota del 2017. Tralascio di soffermarmi troppo su un aspetto che ritengo comunque di importanza sostanziale: non ci si può opporre con ostinazione all’attuazione di una sentenza (e ne sono passate in giudicato ben 11), fino al commissariamento, e poi pretendere di educare gli studenti alla legalità attraverso l’istituzione di una cabina di regia. Non fateci sopportare anche questo.

Sembra questione di lana caprina quella appena presa ad esempio ma traccia un confine importante, troppo spesso oltrepassato da un ministero in continuo affanno e troppo spesso costretto ad investire più in ricorsi, cause perse, risarcimenti ed avvocati, rispetto a didattica, innovazione, edilizia scolastica e reclutamento. Non si può scaldare con un cerino chi sta per morire assiderato, questo il Ministro lo capisca il prima possibile. Il problema di come affrontare l’inverno ce lo avranno i professori, che da dicembre torneranno, attraverso le sigle sindacali di riferimento, a trattare il rinnovo di contratto. Ma senza legna sarà dura anche lì. Poco possono fare i milioncini sfilati all’alternanza scuola lavoro, che forse andava veramente riorganizzata ma non privata dei fondi ad essa destinati.

Insomma, le questioni in ballo sono molteplici e rappresenterebbero ognuna un capitolo di spesa. Invece, il consiglio della nonna di Bussetti diviene merce preziosa e l’ammonimento del giorno è quello di accontentarsi del poco che si ha e che non è detto che serva molto di più per fare bene. Sarà. Qui il primo passo da compiere, ancora prima di stimare il quantitativo della legna in cascina, è capire se il malato risponde, se c’è ancora battito, se la scuola, Dio non voglia, non sia già morta di freddo.