L’Indonesia è in ginocchio in seguito al sisma di Venerdì scorso. Mancano ruspe e mezzi per la rimozione delle macerie mentre si rafforza il rischio di epidemie. A sottolinearlo oggi è Sutopo Purwo Nugroho, portavoce della National Disaster Mitigation Agency, l’ente che coordina gli interventi di soccorso.

Venerdì scorso una scossa di 7,5 di magnitudo ha colpito l’isola di Sulawesi, in Indonesia

Venerdì scorso l’Indonesia è stata colpita da un sisma e conseguentemente da uno tsunami . Secondo i bilanci diffusi  nell’area della città di Palu, sulla costa occidentale dell’isola di Sulawesi, le vittime accertate sono 1203, e i corpi individuati non sono ancora stati recuperati o identificati. Per scongiurare epidemie, si è iniziato a seppellire i corpi nelle fosse comuni.

La scossa di Venerdì, che ha raggiunto magnitudo di 7,5,  ha lasciato decine di persone ancora intrappolate tra le macerie degli edifici crollati. Nella città di Palu, circa 50 persone sono rimaste intrappolate sotto le macerie di un hotel crollato. Va detto che i soccorritori devono fare una corsa contro il tempo per salvare il maggior numero di persone possibili in una situazione di estrema difficoltà, dove la mancanza di corrente elettrica e di equipaggiamenti vessano ancora di più le operazioni di salvataggio.

Intanto il paese deve fronteggiare le conseguenze della catastrofe che a livello sociale si riflette nel saccheggio dei negozi alimentari, a causa della difficoltà a reperire cibo e beni di prima necessità. Non solo, gli obitori sono pieni e i cadaveri sono lasciati a cielo aperto in attesa di essere seppelliti nelle fossi comuni. Le notizie di questa mattina parlano di un’evasione di massa  dalle carceri della regione subito dopo l’evento catastrofico. Infatti, sono circa 1.200 i detenuti che sono evasi da due prigioni nella regione di Sulawesi. I carcerati sono fuggiti dalle strutture di Palu e Donggala, le aree più colpite dal disastro.

                                                                                                                                                                            Fonte DIRE