Agnolin se ne va: lo piange la parte sana del Calcio e degli Arbitri
Il mondo del Calcio e soprattutto il settore degli Arbitri hanno pianto lacrime amare, sabato mattina, quando si è, via via, diffusa la notizia della morte di Luigi “Gigi” Agnolin, stimatissimo fischietto italiano degli anni ’80 e ’90, e capace di fare apprezzare le nostre giacchette nere in tutto il mondo. Se ne è andato dopo un annetto in cui ha sofferto un brutto, male, a 75 primavere.
Ci dicono i bene informati, dall’interno dello strano mondo che è diventato quello arbitrale, che avesse scelto il Portogallo comperando persino una società di calcio (la Feirense?). Fatto sta che se ne va, con lui, una figura carismatica, di grande e intaccabile serietà, benvoluto da chi bene lo ha conosciuto, e osteggiato da chi non ne accettava il rigore morale. Agnolin non è stato “solo” un grande arbitro di Calcio, capace di prendere parte a sfide delicatissime di due edizioni dei Campionati del Mondo, ma anche un dirigente sul quale, nel 1994, la A.S. Roma mise gli occhi nominandolo, ancora con Dino Viola presidente, direttore generale. Ed era uno che, anche in quel compito, non le ha mandate a dire, sia al Circo Massimo che nella odierna sede in cui il club giallorosso si sarebbe trasferito.
Ha lavorato anche per il Perugia, nel 2011, ma soprattutto ha messo la faccia, con grande caparbietà e dignità, gestionale e comportamentale, politica e antipolitica interna, a un’Associazione Italiana Arbitri uscita con le ossa rotte, da Calciopoli, scandalo di proporzioni nazionali e internazionali, le cui sentenze sono state assai contenute e mitigate, di fronte a palesi e oscene violazioni del regolamento e delle carte federali tanto tra i dirigenti di società che, nello specifico, del settore più maltrattato del Calcio, quello degli arbitri, appunto.
Per “Gigi” non c’era una via di mezzo, grigio o sfocato: una cosa era o non era. Bianca o nera, esattamente come quei direttori sportivi che non accettano compromessi o marchette da fare con i figli di sponsor. O sei bravo a giocare a Calcio o a fischiare, nel Calcio, o no. Non si sarebbe giocato la dignità e la serenità di giudizio come del resto l’equità, nella valutazione delle cose, il Signor Agnolin di e da Bassano del Grappa.
Per questo e altre qualità, è stato stimato, benvoluto, rispettato, temuto, Luigi Agnolin. Perché tanto ha messo sul sentiero della pulizia morale, della coerenza, del bagaglio di quegli insegnamenti ricevuti da nonni, zii e genitori, l’ex dirigente sportivo veneto (aveva una palestra, e l’ha avuta per diversi anni).
Quante volte, da ragazzini, allo stadio, abbiamo ascoltato l’altoparlante che diffondeva le formazioni con la frase: “Dirige il Signor Agnolin di Bassano del Grappa”?!
Per ricordarne l’educazione, la cordialità e la spessa competenza, è intervenuto a Radio Cusano Campus un altro fischietto della stessa sezione di Luigi Agnolin, quella di Bassano del Grappa.
Degno allievo di Agnolin, Tarcisio Serena, bentrovato. Che persona era, il Signor Luigi Agnolin?
“Oltre ad essere un ottimo arbitro era una persona affezionata, a questa associazione. L’ha fatta grande insieme ad altri eccellenti nomi, come Lo Bello e Pieri. Ha lasciato un segno vero e proprio”.
Per quanto riguarda il suo impegno, girando il mondo, poteva partecipare all’attività sezionale o come altri recenti casi, questo non è possibile?
“E’ complicato arbitrare in Serie A e lavorare, sia ora che prima. Ogni tanto lo vedevo in associazione ma a questi livelli si hanno un sacco di impegni come arbitro e anche con l’altro lavoro, che ogni arbitro ha. Adesso è difficile anche svolgere la seconda professione, per i nuovi fischietti. L’importante è essere presenti appena si può”.
Che influenza ha avuto Agnolin, di Bassano del Grappa (anche Serena è veneto), in voi, più giovani arbitri?
“Quando l’ho conosciuto era già un arbitro rinomato, in Serie A. Aveva un approccio amichevole nei confronti degli altri arbitri e secondo me era un esempio per tutta Europa, non solo per il Veneto. Come Lo Bello o Sbardella. Ha fatto due Mondiali, tra l’altro”.
Da romano, me lo perdonerà, Serena, per la serietà, l’efficacia e il saper digrignare i denti anche in faccia ai dirigenti in Federazione, io ricordo Menegali…
Con il consueto rispetto, Tarcisio Serena dice: “Erano tutti da ricordare, quegli arbitri, come quelli di adesso, che un giorno verranno ricordati” (giudizio generoso…, n.d.r.). Ora c’è più pressione, dei mass media, e sono molto bravi a gestire i propri errori. Agnolin era davvero un amico, degli altri fischietti”.
Ci siamo persi un punto di riferimento, diciamolo.
Le parole di Serena sono di autentica deferenza: “Un chiodo fisso piantato nel cemento, che nessuno più dimenticherà. Abbiamo perso da poco anche Claudio Pieri (padre di Tiziano), altro grande arbitro. Sono punti di riferimento, sì”.
Per una premiazione di arbitri che facciamo nel Lazio, con le preferenze espresse dai giornalisti, ebbi la possibilità di sentire proprio Claudio Pieri, e menzionai le scelte ricadute sui fischietti di diverse categorie. Non lo espresse in modo plateale ma gradì. E qui pensi che avevamo premiato, nei campionati regionali, gente come Paolo Valeri, Gennaro Palazzino, Daniele Doveri e altri arrivati ad alti livelli. Gente degna di rappresentare questa categoria in giro per l’Italia e il mondo”.
Serena saluta così, tra il partecipe e il grato: “Ringrazio la vostra radio per aver ricordato Agnolin. Gli arbitri sono un punto forte, del nostro calcio. Un mio grazie particolare”.
Testo elaborato da Giulio Dionisi