Amelia, un numero 1 che sa centrare il bersaglio
“Un rimedio per tirare fuori talenti? Chiudere le Scuole Calcio”
Marco Amelia è intervenuto nella trasmissione “Sport Academy”, che va in onda ogni giorno dalle 18 alle 20 su Radio Cusano Campus, l’emittente marconiana dell’Università Niccolò Cusano. E ne è uscita una gagliarda chiacchierata, con un paio di affondi degni di un grande centravanti, fatti della consueta sincerità, onestà intellettuale e schiettezza. Doti che mai hanno difettato al portiere nato nelle giovanili della Lupa Frascati.
Come si direbbe nel mondo del Cinema, abbiamo un “Graduate”, un laureato, in quanto Campione del Mondo con la nazionale italiana nel 2006. Non solo però. Anche campione Under 21 nell’Europeo e bronzo alle Olimpiadi del 2004. Marco Amelia, attualmente allenatore in Serie D, con la Lupa Roma. Come sta andando?
“Molto bene. Finalmente iniziamo, almeno noi, questo sabato”.
L’azzurro è un colore che senti come una seconda pelle. Quali sensazioni ti trasmette, questa nascente nazionale italiana?
“Sensazioni positive – dice Mister Amelia – perché ci sono tanti ragazzi giovani con qualità importanti e credo che anche Mancini sia perfetto, in questo momento, per allenare la nostra nazionale. Ha esperienza incredibile e sa come gestire queste situazioni. L’inizio non è stato molto positivo ma è sempre così e nessuno ha la bacchetta magica, per ottenere subito risultati. Ci vuole tempo e questo staff lo merita”.
Giovanotti appunto. La Nazionale rappresenta la parte più alta di una piramide che parte dal basso. Sui giovani il movimento non sembra però sempre accordato e d’accordo.
“Io qualche anno fa feci un’affermazione: “Il mondiale vinto nel 2006 ci ha addirittura danneggiato“! Ci siamo un po’ adagiati sugli allori, dopo quella vittoria e i problemi, in realtà, c’erano già nel Settore Giovanile. Le altre nazionali si sono invece rafforzate, in tal senso. Ora però vedo miglioramenti in Italia e l’Under 19 è molto forte e anche l’Under 21 ha ottimi giocatori”.
L’ex portiere azzurro Amelia affonda: “Il problema è l’instabilità della federazione nelle varie leghe e questo porta problemi a tutto il movimento. La Serie B non si sa quante squadre avrà, la Lega Pro non si sa quando partirà. Noi con la D, campionato fondamentale, iniziamo con 15 giorni di ritardo. Il settore giovanile non va meglio per carenze morali. Io sono molto preoccupato”.
Ci vuole più pazienza o lungimiranza per l’attuale C.T. della Nazionale?
“Lungimiranza. La pazienza serve ma sei in nazionale e va capito, in questi due anni, chi avrà margini di miglioramento. Per me, poi, negli ultimi anni è stato un po’ troppo facile, giocare per l’Italia. Deve tornare una cosa speciale, come prima. Penso a Zaniolo, anche se in questo caso Mancini ha voluto più che altro dare un segnale. Serve però responsabilità di chi gioca con questa maglia”.
Pensando agli uomini del 2006, la tua generazione, chi ti ha stupito? Per esempio il Gattuso in panchina al Milan. E chi, invece, ha scelto di mollare il mondo del calcio?
“Rino lo conosco bene. Ero sicuro diventasse allenatore perché già conosceva la tattica. Non mi aspettavo Inzaghi (Filippo) in panchina. Ha iniziato al Milan, in una situazione complessa e poi ha fatto bene a Venezia. Tanti, è vero, si sono distaccati ma è molto difficile capire il tuo percorso dentro il mondo del Calcio, dopo aver giocato sul campo”.
E gli altri? “Altri riescono a creare altre vite e sono contento perché era una nazionale di grandi uomini. Ci sentiamo ancora, su Whatsapp”.
Al netto del ricambio del pacchetto difensivo, nel ruolo di portiere i numeri e la qualità del nostro calcio sembra migliore, rispetto ad altri ruoli…
Amelia afferma: “Ora i portieri devono saper giocare con i piedi. Questo è il primo cambiamento visibile a tutti. Poi bisogna saper reggere la pressione e per me Donnarumma è davvero molto forte. Ha vissuto un’annata difficile ma ne sta venendo fuori”.
A parte la Lupa Roma ti abbiamo visto a Santa Chiara anche alla presentazione del Montespaccato. Un gruppo giovane e un Romondini che ha dimostrato di essere il più costante e puntuale, sul piano atletico, con i suoi 41 anni!
“Per me è un orgoglio lavorare con loro. Stiamo dando continuità al progetto, anche con l’Asilo Savoia, dopo un’estate difficile; e ringrazio il Presidente, Massimiliano Monnanni, dell’opportunità. Romondini faceva parte del mio staff ma era talmente in forma nei test atletici che è finito per continuare a lavorare in campo”, dice, soddisfatto.
Sei innamorato dei Castelli e di Rocca Priora..
“Sì. Vivo in un posto meraviglioso e non a caso i vecchi Re di Roma ci andavano in vacanza. L’aria che si respira e il mangiare non si trovano ovunque. Mi godo, invece, il centro di Roma quando posso, in vacanza”.
Di Milano che idea ti sei fatto, invece?
“Una delle città più belle d’Europa. L’ho vista cambiare dal 2010 ed è diventata una metropoli, anche economica. Si vive bene. Non c’è solo la nebbia, per carità, come si dice scherzando, a Roma”.
Obiettivi stagionali?
“Devo fare esperienza da allenatore con i vari corsi. Fare crescere i giovani, anche grazie ai consigli che ho avuto dai migliori allenatori, e ottenere una salvezza tranquilla”.
Cosa pensi della decisione dell’Avellino, inserito nel girone sardo-laziale un po’ a sorpresa?
“Le società fallite (tra cui il Bari) dovevano pur inserirle da qualche parte. Da una parte dà fastidio alle grandi perché sicuramente proverà a vincere ma da un altro lato concede fascino al campionato. Abbiamo Avellino e Latina nella stesso girone”.
Chiudiamo parlando ancora di giovani. Esiste una ricetta perfetta, per far uscire nuovi talenti?
“Sì, esiste – dice sicuro il portierone Campione d’Europa e del Mondo -: bisogna chiudere le scuole calcio! Ho visto allenatori troppo esaltati. E i ragazzini, tranne le regole di base, bisogna lasciarli giocare e devono essere indotti a crescere, a esprimere la loro fantasia. Se non lo fanno da ragazzini, quando lo fanno? Alcune cose viste nelle Scuole Calcio sono veramente inaccettabili. Anni fa Capello disse che alcuni istruttori andrebbero arrestati! Per me va stimolata la creatività dei giovani calciatori e non il business che spesso la fa da padrone. Sono poche, le Scuole Calcio che possano definirsi realtà”.
(Testo elaborato da Giulio Dionisi)