Università e donne. Sembra impossibile che nel 2018 si possa sentir parlare ancora di disparità di genere e di politiche che danneggiano le donne. Eppure succede ancora. Protagonista del recente scandalo è la Tokyo Medical University, uno degli Atenei più prestigiosi in Giappone.
Da un’inchiesta del quotidiano Yomiuri Shimbun è stato dimostrato che i risultati dei test d’ammissione sono stati truccati dai docenti per escludere le donne. Secondo una fonte anonima e interna alla Tokyo Medical University, il motivo dell’esclusione è sociale. Limitare il numero di donne medico per far si che le donne non trascurino la famiglia per la carriera.
Dal 2011, le donne che hanno superato i test di medicina in Giappone sono state solo il 30%; mentre negli anni precedenti superavano il 40% degli iscritti. Secondo il noto giornale locale, l’Ateneo avrebbe precluso volontariamente l’accesso all’università alle ragazze. A far scattare l’inchiesta e i relativi dubbi sono state le percentuali basse del 2018:
“il rapporto delle donne accettate dopo il primo ciclo di test era del 14,5%, rispetto al 18,9% degli uomini. Nella seconda e ultima fase del test, solo il 2,9% delle donne era stato ammesso, rispetto all’8,8% dei candidati maschi.”
La Tokyo Medical University, inizialmente, ha preso le distanze dall’accusa, dichiarando di non essere a conoscenza di alterazioni ai test d’ammissione. Solo qualche giorno fa, ha ammesso ufficialmente di aver manipolato i risultati togliendo 20 punti alle studentesse donne e aggiungendoli invece ai test degli studenti uomini. La pratica di falsificazione era iniziata nel 2006, ancor prima di quanto ipotizzato dall’inchiesta del giornale locale.
Il tema della forza lavoro, tuttavia, è una questione chiave in Giappone, soprattutto negli ultimi anni dato che il Primi Ministro Shinzo Abe sta promuovendo in tutti i modi la presenza di donne nelle istituzioni e nelle professioni.
Università e donne: occupazione femminile
Tra le ipotesi di esclusione delle donne giapponesi dall’università di Tokyo, rientra anche il timore delle future assenze per maternità e quindi un ricambio di personale eccessivo da sostenere. A causa di errate politiche interne e di pochi investimenti, infatti, le liste di attesa negli asili delle città nipponiche sono lunghissime. Questo costringe molte donne ad abbandonare il lavoro e a dedicarsi alla famiglia.
La qualità dell’occupazione femminile in Giappone dunque non è elevata; le donne non sono tutelate. Per lo più, esse sono legate a contratti precari e parziali; è assente una classe dirigenziale con quote rose (solo il 10% delle donne occupano ruoli dirigenziali e solo il 5% dei politici è donna).