L’umanità utilizza risorse naturali più velocemente di quanto gli ecosistemi della Terra siano in grado di rigenerare. Il 1 agosto 2018 secondo gli esperti del Global Footprint Network avremo consumato le risorse naturali che il nostro Pianeta è in grado di rigenerare in un anno.

Il degrado dei suoli della Terra dovuto all’impatto umano sta esercitando un ruolo fortemente negativo sul benessere umano

Dal 2 agosto, staremo simbolicamente erodendo il capitale (naturale) del pianeta. “In pratica è come se stessimo usando 1,7 Terre”. Ha sottolineato Gianfranco Bologna, Direttore Scientifico Wwf Italia. “Il deterioramento dello stato di salute degli ecosistemi e della biodiversità presenti sulla Terra continua a crescere. Le ricerche più autorevoli ci documentano che allo stato attuale il degrado dei suoli della Terra dovuto all’impatto umano sta esercitando un ruolo fortemente negativo sul benessere umano. E questo per almeno 3.2 miliardi di individui. Tutto ciò sta contribuendo alla sesta estinzione di massa della ricchezza di biodiversità della Terra.

Al 2014 più di 1.5 miliardi di ettari di ambienti naturali sono stati convertiti in aree coltivate. Oggi meno del 25% della superficie complessiva delle terre emerse del nostro pianeta sono in una situazione naturale. Nel 2050, questa quota potrebbe scendere al 10%, se non si agisce significativamente per invertire la tendenza attuale”. Nemmeno gli ecosistemi marini sono esenti dall’impatto dell’azione umana.

Solo il 13.2%  di tutti gli oceani del mondo hanno una situazione di wilderness marina

Il recentissimo lavoro, apparso la scorsa settimana, di alcuni tra i grandi ecologi marini e biologi della conservazione di fama internazionale ha cercato di individuare lo stato della naturale integrità degli ecosistemi marini, tenendo conto dell’analisi, anche sinergica, di 15 fattori di pressione dovuti all’intervento umano. Così in un comunicato il Wwf Italia.

Ne risulta che, allo stato attuale, è possibile indicare che solo il 13.2%  di tutti gli oceani del mondo hanno una situazione di wilderness marina. Queste aree sono situate soprattutto nei mari aperti dell’emisfero meridionale e alle estreme latitudini. Wwf ricorda che l’obiettivo di evitare, ridurre e invertire l’attuale degrado di suoli mondiali è prioritario per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile contenuti nell’Agenda 2030 che è stata approvata da tutti i paesi del mondo nel settembre 2015.

Il degrado del suolo, la perdita di biodiversità e il cambiamento climatico costituiscono tre facce della stessa sfida che deve essere risolta con urgenza. Il crescente e dannoso impatto che le nostre scelte, soprattutto dei più ricchi del pianeta, esercitano sulla salute del nostro ambiente naturale.

Il degrado del suolo potrebbe condurre entro il 2050 fino al 50% di riduzione della produzione agricola

Nei prossimi trent’anni si stima che almeno 4 miliardi di persone vivranno in zone aride. I problemi del continuo degrado del suolo, con la perdita di biodiversità e gli effetti dei cambiamenti climatici, forzeranno a migrare una cifra molto varia, che potrebbe raggiungere fino ai 700 milioni di esseri umani. Le prospettive per le attività agricole sono preoccupanti. La combinazione del degrado del suolo e del cambiamento climatico potrebbe condurre entro il 2050 da una media del 10% fino al 50%, in alcune regioni, di riduzione della produzione agricola.

Tutto ciò amplificato dalla crescita demografica. L’Africa ha oggi una popolazione umana che si aggira su 1.25 miliardi di abitanti. Nel 2050 sarà raddoppiata raggiungendo quindi quasi 2.5 miliardi. Il Wwf ritiene che sia urgente e necessario un piano globale per la difesa della biodiversità planetaria che costituisce la base fondamentale, il capitale naturale, della ricchezza e del benessere dell’umanità e quindi la necessaria garanzia per il futuro della nostra generazione e di quelle successive.

                                                                                                                                                                                      Fonte DIRE