La maligredi: nell’ultimo lavoro di Criaco tutto il ‘verismo’ del Sud
Sono già 10 gli anni trascorsi dall’esordio letterario. Con le sue “Anime Nere” cominciò a stupire quello che sarebbe diventato il suo pubblico e lo fece tratteggiando la realtà cruda e crudele della sua terra, la Calabria, una madre che nelle sue opere sembra voler stritolare nel suo abbraccio malavitoso e criminale tutti i suoi figli. “Anime Nere” fu l’inizio e oggi, a due lustri di distanza da quel primo approccio, Gioacchino Criaco irrompe di nuovo sulla scena letteraria nazionale con “La maligredi”: ancora la sua terra, in questo caso Africo, il suo paese natio. Un paese lacerato, diviso, scisso, anche geograficamente, in Africo Vecchio ed Africo Nuovo, dove gli stessi concetti di vecchio e nuovo sono ancora più distanti qui, rispetto a qualsiasi altro posto nel mondo.
Siamo nei primi anni dopo il secondo conflitto mondiale e se ovunque si respira l’aria di un nuovo inizio ad Africo no, perché ad Africo tutto arriva dopo. Tutto quello che c’è scritto all’interno di questo romanzo è drammaticamente vero e maledettamente reale. La penna di Criaco non fa sconto alcuno, così come la sua verve creativa deve solo sostare ai piedi dell’Aspromonte e osservare. Osservare uno spaccato sociale arcaico, a tratti brutale, dove tutto quello che arriva passa attraverso un’arretratezza di stampo medioevale, annacquata di povertà, ignoranza e superstizione. I calabresi raccontati da Criaco sembrano a tratti ingenui e creduloni che condividono, all’interno di vite per lo più disgraziate, tutte le gioie e tutti i dolori di una comunità che cerca disperatamente di sopravvivere a se stessa.
“La maligredi” parla di emigrazione, di bagagli pronti con destinazione Germania, approdo se non addirittura chimera per la stragrande maggioranza dei padri di famiglia dell’epoca. Criaco racconta la vita vera di un Sud Calabrese troppo spesso deformato perché mai descritto e raccontato partendo dalle sue stesse viscere. E se la maligredi è quel germe maledetto che fiacca il processo di evoluzione di questo piccolo popolo, la rivoluzione sta tutta in Papula, quel Rocco Palamara realmente esistito che è al tempo stesso un personaggio della storia e la sua chiave di volta:
“… La rivoluzione è cambiare tutto quello che non ci piace, fare le cose che non possiamo fare, avere diritti senza passare da un compare. La rivoluzione non è prendere le mazzate dai carabinieri solo perché così gira al maresciallo…”
Un romanzo che ti sfugge tra le mani, che ti fa male, che ti obbliga a ricordare tutti i suoi protagonisti e tutte le loro strazianti vicissitudini. “La maligredi” è un viaggio attraverso una serie drammatica di sconfitte, con qualche marginale vittoria che ha lo scopo di alleggerire il cuore di chi legge, un cuore che resterà obbligatoriamente pesante ma che custodirà in se ogni singola pagina dello scritto di Criaco.