L’ortofrutta è sottopagata agli agricoltori su valori che non coprono neanche i costi di produzione, ma i prezzi moltiplicano fino al 300% dal campo alla tavola anche per effetto del controllo monopolistico dei mercati operato dalla malavita in certe realtà territoriali.

Il business delle agromafie ha generato solo nel 2017 un volume di affari di 21,8 miliardi

Così la Coldiretti nel commentare l’operazione condotta dalla Polizia di Stato di Siracusa per associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata alle estorsioni, traffico di sostanze stupefacenti, furti in abitazioni ed aziende agricole, ma anche con l’accusa di aver monopolizzato e condizionato l’intero mercato ortofrutticolo della zona. Il business delle agromafie genera un volume di affari di 21,8 miliardi nel 2017 con un aumento del 30% secondo il rapporto Coldiretti/Eurispes e Osservatorio Agromafie.

I punti più sensibili per le infiltrazioni malavitose sono costituiti dai servizi di trasporto su gomma dell’ortofrutta da e per i mercati; dalle imprese dell’indotto (estorsioni indirette quali ad esempio l’imposizione di cassette per imballaggio); dalla falsificazione delle tracce di provenienza dell’ortofrutta (come la falsificazione di etichettature: cosi’, prodotti del Nord-Africa vengono spacciati per italiani); dal livello anomalo di lievitazione dei prezzi per effetto di intermediazioni svolte dai commissionari mediante forme miste di produzione, stoccaggio e commercializzazione.

I clan ricorrono a tutte le tipologie di reato tradizionali: usura, racket estorsivo e abusivismo edilizio

Mettendo le mani sul comparto alimentare le mafie hanno infatti la possibilità di affermare il proprio controllo sul territorio. Potendo contare costantemente su una larghissima e immediata disponibilità di capitale e sulla possibilità di condizionare parte degli organi preposti alle autorizzazioni ed ai controlli, si muovono con maggiore facilità rispetto all’imprenditoria legale.

Per raggiungere l’obiettivo i clan ricorrono a tutte le tipologie di reato tradizionali. Si va dall’usura, al racket estorsivo dall’abusivismo edilizi. Ma ricorrono anche a furti di attrezzature e mezzi agricoli, abigeato, macellazioni clandestine o danneggiamento delle colture con il taglio di intere piantagioni. Con i classici strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione impongono la vendita di determinate marche e determinati prodotti agli esercizi commerciali. A volte approfittando della crisi economica, arrivano a rilevare direttamente gli stessi esercizi.

Si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta. Inoltre, compromettono in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti,. L’ effetto indiretto è di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani ed il valore del marchio Made in Italy, conclude la Coldiretti.

                                                                                                                                                                                Fonte DIRE