Boskov è sempre nel cuore della gente di mezza Europa
Fortunato nei campionati nazionali, ha spesso sfiorato i grandi successi, nel Vecchio Continente
Uno dei personaggi più amati del periodo moderno del Calcio è stato certamente Vujadin Boskov. Nato sulle rive del Danubio e precisamente a Begec, Vojvodina, 5 chilometri da Novi Sad (Serbia) il 16 maggio del 1931,è stato un buon calciatore anche se frenato da problemi fisici. Ma soprattutto un grande allenatore, un vero e proprio girovago del calcio.
Da atleta ha vestito per 10 anni la maglia del Vojvodina dal 1950 al 1960 collezionando 185 presenze e 15 reti. Giocava nel ruolo di mediano o mezzala e i suoi modelli erano il brasiliano Didì e l’ungherese Nandor Hidegkuti, vice campione del mondo 1954 e allenatore anche nel nostro paese con Fiorentina e Mantova.
Nel 1958 Boskov subì un infortunio a una gamba che lo condizionò per 2 anni: il tutto nacque da uno scontro con il portiere avversario.
Vujadin Boskov era laureato in storia a Novi Sad e amava anche la geografia e la politica. Nel 1955 sposò Yelena, intellettuale, giornalista e studiosa di grande caratura con la quale restò legato per tutta la vita; e nel 1957 nacque Alexandra, la loro unica figlia.
Nei 10 anni con la maglia del Vojvodina non vinse trofei visto che in quel periodo il campionato jugoslavo era un affare privato tra le grandi 4 del calcio slavo: che erano la Crvena Zvedza (Stella Rossa), il Partizan, formazione ora serbe, e le due odierne croate, la Dinamo Zagabria e l’Hajduk di Spalato.
Il miglior piazzamento fu il secondo posto dietro la Crvena Zvedza nel 1956-57 e una finale di coppa di Jugoslavia persa con la Dinamo Zagabria nel 1951.
Nel 1961 si trasferì nel nostro paese e precisamente a Genova, sponda blucerchiata, dove restò, condizionato da problemi fisici, per una sola stagione disputando: 13 partite giocate e un gol. Quella Samp era allenata da Eraldo Monzeglio e chiuse il campionato al decimo posto.
Nel 1962 andò a giocare in Svizzera con lo Young Boys di Berna, per due anni. In quella società intraprese il doppio ruolo di calciatore e allenatore; il tutto iniziò quando l’allenatore si fece male a un ginocchio e gli lasciò il fischietto chiedendogli di continuare la sessione di allenamento
Boskov ha anche giocato per 57 volte con la nazionale jugoslava senza segnare alcuna rete: ha giocato a due mondiali. Il primo in Svizzera, nel 1954, dove raggiunse i quarti di finale con la Jugoslvia eliminata dalla Germania Ovest, che poi divenne Campione del Mondo. E i tedeschi s’imposero con il più classico dei risultati. E 4 anni dopo, in Svezia, ancora una volta eliminata dai tedeschi dell’Ovest ai quarti di finale con rete al 12′ segnata da Rahn, il celeberrimo eroe di Berna, che nell’edizione precedente aveva segnato la tripletta capace di ribaltare la finalissima contro l’Ungheria.
Con la maglia della sua nazionale Boskov si laureò vice campione olimpico in Finlandia nel 1952; quella squadra era allenata da Milorad Arsenijevic e arrivò fino alla finale. Ma dovette cedere ai “maestri” magiari, in rete con Puskas e Czibor. Quel gruppo dell’Ungheria due anni dopo cedette nell’accennata finale con la Germania Ovest. E quella nazionale magiara è considerata ancora oggi la squadra più forte a non aver vinto un mondiale.
Boskov nel 1964 tornò alla Vojvodina che allenò fino al 1971 portandola, per la prima volta, al titolo di campione di Jugoslavia nella stagione 1965-66. Ecco perché Zio Vuja è ancora oggi ricordato, nell’ex repubblica dei Balcani.
Nel 1971 fu chiamato dalla federcalcio per allenare la nazionale jugoslava in vista dei Campionati Europei dell’anno successivo. Il suo gruppo vinse il girone davanti a Olanda, DDR (o se preferite Germania Est) e Lussemburgo, ma verrà eliminata ai play-off dall’URSS. Nel 1973 Boskov lascia il suo paese per dissapori con il regime di Tito. Non sarebbe stato l’unico.
Si trasferì in Olanda dove andò ad allenare l’Ado Den Hag (a L’Aia), che portò alla vittoria della Coppa d’Olanda nel 1974-75 in finale col Twente. Nella stagione successiva questo grande conoscitore del calcio d’Europa raggiunse i quarti di finale della Coppa delle Coppe uscendo per mano degli inglesi del West Ham.
L’anno dopo andò a Rotterdam alla guida del Feyenoord, dove ottenne un quarto posto e una qualificazione ai quarti di finale della Coppa Uefa. In Olanda venne accolto sempre con affetto ma dovette lasciare anche questo paese per una nuova legge sugli extracomunitari.
Si sarebbe trasferito in Spagna dove allenò Real Saragozza e Real Madrid, e con i blancos conquistò una Coppa del Re, un campionato spagnolo e la qualificazione a una finale di Coppa Campioni nel 1981. Ma quella volta perse 1-0 con il Liverpool, rete di Kennedy all’81’ al Parco dei Principi di Parigi. Quindi, sempre in terra iberica, avrebbe allenato lo Sporting Gjion.
In Italia ha guidato Ascoli, Sampdoria, guidandola allo storico scudetto del 1991, e alla finale di Coppa dei Campioni, che fu l’ultima edizione, con questa denominazione. Anche quella volta la Coppa delle grandi orecchie girò le spalle al tecnico di Novi Sad. Al minuto 119 una meravigliosa punizione di Ronald Koeman piegò le mani di Gianluca Pagliucia. Vinse il Barcellona per uno a zero, a due passi dai tiri di rigore.
Lasciato il porto di Genova, all’ombra del marinaio di Sampierdarena, Boskov ha allenato Roma e Napoli.
“Zio Vuja” era noto per la sua simpatica ironia e soprattutto per alcune frasi che lo hanno reso famoso come ad esempio: “Rigore è quando arbitro fischia”, “Meglio perdere una partita per 6-0 che 6 partite per uno a zero”, e tante altre che lo hanno reso celebre.
Nella stagione 1996-97 allena in Svizzera al Servette di Ginevra prima di tornare alla guida della Sampdoria dove ottenne un buon ottavo posto.
Nella stagione 1998-99 subentrò a Ilario Castagner sulla panchina del Perugia portando la formazione dell’allora “Patron” Luciano Gaucci alla salvezza.
Concluse la carriera da allenatore nel 2001 guidando la nazionale del suo paese.
Dai tifosi della Roma verrà sempre ricordato come colui che fece esordire Francesco Totti, quell’ormai lontano 28 marzo 1993 allo stadio Mario Rigamonti di Brescia, all’87’ in sostituzione di Ruggiero Rizzitelli con i giallorossi avanti per 2-0, con le reti firmate, nel primo tempo, da Caniggia e Mihajlovic.
Vuyadin Boskov ha terminato la sua esperienza terrena a Novi Sad il 27 aprile del 2014 dopo una lunga malattia; una forma particolarmente brutale di morbo di Alzheimer.
(ha collaborato Alessandro Natali)