Marvin Hagler è e resta “Il Meraviglioso”, nella storia della Boxe
E’ stato Campione del Mondo dei Pesi Medi, la categoria che meglio coniuga potenza e tecnica
Pochi anzi rari, sono stati gli atleti talmente bravi e stimati da farsi chiamare con aggettivi o sostantivi clamorosi. Uno di questi, è certo, sia stato Marvin Hagler, ribattezzato The Marvelous, Il Meraviglioso. Pugile di grande potenza, resistenza e precisione, è stato più volte Campione del Mondo della categoria che meglio sposa la forza fisica alla tecnica, i Pesi Medi.
Questo è potuto accadere perché Hagler ha combattuto sul ring sia portando la guardia mancina che col destro, mandando spesso in confusione il malcapitato avversario di turno.
All’anagrafe della popolare cittadina di Newark, Marvin Nathaniel Hagler nasce il 23 maggio del 1954, ha quindi da poco compiuto 62 anni. Ma questo girovago dello Sport, che poi si sarebbe affermato anche come figura davanti alla cinepresa nel ruolo di attore, comincia a itinerare fin da giovane. Dopo le sommosse scoppiate a Newark, Contea del New Jersey, nell’estate del 1967, la famiglia, in pratica la sola madre e Marvin, si trasferisce a Brockton, Stato del Massachusetts, nella città che diede i natali a un altro grandissimo pugile, il peso massimo Rocky Marciano, ancora oggi l’unico ad aver finito imbattuto nella storia del Pugilato con 49 incontri tutti vinti.
Nel 1969 il giovane Marvin entra in una palestra, quella dei fratelli Petronelli. Nel 1973 a soli 19 anni, diventa campione statunitense battendo Terry Dobbs di Atlanta. E’ il miglior pugile del torneo, con 4 vittorie 2 delle quali per Knock-Out. E’ iniziata una leggenda.
Nel 1973 Hagler passa al professionismo sfidando i migliori boxeur di una città innamorata delle palestre, dei combattimenti: quella dell’Amore Fraterno, Philadelphia. Hagler perde ai punti con Bobby Watts, gennaio 1976, e Willie Monroe, nel successivo mese di marzo, allo Spectrum Center, tempio del pugilato. Questo rallenta la corsa del futuro Meraviglioso verso la chance mondiale, e il suo carattere lo porta a provare risentimento e rabbia, nel constatare un concetto semplice: quelli che sono sfidanti di Carlos Monzòn e Hugo Corro, i campioni in carica, sono meno potenti e forti di lui. Aveva ragione.
Hagler si prende le giuste rivincite con Watts e Monroe, si accredita sia nello stato di Boston che nella città di Phila. Firma un contratto col potente manager Bob Arum e diventa il numero 1, tra gli sfidanti.
Nel frattempo il campione del mondo è un valoroso e coraggioso pugile proveniente dalla Puglia, il nostro Vito Antuofermo. Si organizza la riunificazione delle corone World Boxe Council e World Boxing Association, a Las Vegas. Ma l’incontro, difficilissimo, per la tenacia del pugliese, e per la sua capacità di soffrire, si conclude con un discutissimo pareggio. Hagler deve attendere, per la conquista del titolo mondiale.
Antuofermo perde lo scettro con lo scorbutico Alan Minter, che viene a trovarsi di fronte l’ascendente Hagler a Londra il 27 settembre 1980. Al 3° round una profonda ferita decreta il KO Tecnico in favore dell’americano, che esce sotto un vergognoso lancio di oggetti prodotto da vili mascalzoni travestiti da sostenitori del modesto e sorpreso Minter.
Il titolo mondiale riunificato va nelle mani, sicure e forti, di Marvin Hagler. Che lo difende da Fulgencio Obelmejias, KOT all’ottava ripresa, e contro l’ex campione del mondo dei Pesi Medi Vito Antuofermo, che era uscito dal precedente incontro con l’americano con una maschera di sangue. Questa volta perde al 5° round. Altre 4 difese del titolo arrivano per fuori combattimento, con Mustafa Hamsho, William Lee, ancora Obelmejias, e Tony Sibson, tutti finiti al tappeto.
Il 27 maggio 1983 Marvin Hagler diventa per tutti The Marvelous, il Meraviglioso, quando vince anche la corona dell’IBF, l’International Boxing Federation, quando manda giù alla quarta Wilford Scypion.
Hagler dal 1983 al 1985 per la popolarissima rivista Ring Magazine è il Combattente dell’Anno, Fighter of the year.
Ma la strada di un campione, pure forte sul piano fisico, pure eccelso, dal punto di vista stilistico e tattico, non è sempre rose e fiori. Infatti il più duro, tra i suoi sfidanti, deve ancora incrociare i guantoni con lui. Si tratta di un pugile che ha oscillato in diverse categorie, adesso in sovrappeso ma tra i più temuti al mondo. Il panamense Roberto Duràn, detto Mani di Pietra. E’ lui, il primo che riesce a concludere in piedi il combattimento, furibondo, con il campione assoluto Marvin Hagler. Che vince ai punti di misura, pure in presenza di un verdetto unanime: 144 a 142, per il giudice più anziano, 146-145 per il collega di età media, 144-143 per il più giovane, tra gli ufficiali di gara.
Hagler se l’è vista brutta, con uno dei più grintosi pugili di tutti i tempi, anche se in sovrappeso.
Sarebbe stato un grandissimo ostacolo, quello di Duràn, ma pure gli altri in arrivo non erano semplici, da superare. A cominciare da Juan Domingo Roldàn, il primo pugile che lo mandò al tappeto, anche se parve a tutti evidente, che lo statunitense di Newark scivolò, a rivedere bene le immagini. E’ il 30 marzo 1984 e Hagler avrebbe vinto al 10° round per KO tecnico.
E che dire di quel potente e prepotente di Thomas Hearns. I pubblicitari reclamizzarono quell’incontro come The War, La Guerra, vista la grandezza muscolare del combattimento. Hagler è più basso e parte peggio, Hearns è dotato di un grande gancio e un allungo dovuto alla maggiore altezza. Ma Hearns è più fragile e va giù definitivamente alla terza ripresa. E’ ancora Marvin, il più forte.
Il successivo sfidante per il titolo è uno che veniva da 26 incontri vinti su 26 vissuti mandando tutti giù prima del limite. E’ il 10 marzo 1986, Las Vegas: passerà alla storia come uno degli incontri più violenti di tutti i tempi. Hagler vince per atterramento all’11° round, ma le regole in quella arena arrivarono sempre al rischio di essere superate, sul piano difensivo.
Dopo l’equivoco pareggio con Antuofermo di diversi anni prima, uno dei più grossi dubbi del cammino agonistico di Marvin Hagler resta l’incontro perso ai punti, ma con giudizio tutt’altro che unanime, con Sugar Ray Leonard, che aveva classe come l’avversario, che sapeva pizzicare mento e mascelle, e anche il tronco, di quelli dall’altra parte. Ma che non era potente al livello di Hagler. Con la retina a rischio già prima dell’incontro, tutti gli sportivi ricordano due cose. La prima: Hagler era decisamente più forte, di Leonard. La seconda: il verdetto fu una cosa al confine del permesso, del chiaro. Fu una cosa che somigliava, pur da lontano, a una palese ingiustizia, se non proprio a uno scandalo.
Intanto Hagler sbagliò ad accettare che l’incontro si svolgesse sulle 12 riprese al posto delle tradizionali 15, dal momento che per resistenza fisica e preparazione il giovanotto di Newark non fosse secondo a nessuno, sul pianeta. E anche se Leonard portò 306 colpi a 291 Hagler non mai accettato quell’assurdo verdetto ritenendo la sconfitta immeritata e la Boxe annacquata dalla politica che manovra lo sport. E si ritirò rinunciando a borse e premi miliardari per una eventuale rivincita con Leonard.
Di soldi e gloria Hagler ancora oggi ne dispone. Si dedicò, dopo la carriera, agli spot come testimonial. Viene a Milano per fare l’attore. E’ un marine nei film Indio e Indio2.
Negli ultimi anni ha fatto il telecronista per la televisione inglese. Nel 1997 ha lavorato con Terence Hill nel film Potenza virtuale e nel 2000 è stato ospite di una puntata del programma Premiata Teleditta.
Nel 2009 coi ragazzi della Sportforma di Boxe a Torino è stato il narratore del documentario Il Cinema sul Ring del regista Simone Del Vecchio prodotto da Sky Cinema. Qui racconta in 12 episodi la relazione tra il pugilato e il mondo cinematografico con spezzoni di interviste fatte a Jake La Motta, Sugar Ray Leonard, George Foreman, Nino Benvenuti, Laila Alì, la figlia del grande Muhammad, alla longeva scrittrice statunitense Joyce Carol Oates, agli attori Sylvester Stallone, Will Smith, Hilary Swank, Talia Shire, al telecronista di Boxe Rino Tommasi, e alla giornalista sportiva di Repubblica Emanuela Audisio.
Una ulteriore curiosità lega Marvin Hagler allo sport italiano, e precisamente al Calcio. Si è detto tifoso della Sampdoria. Poi un giorno scopriremo il perché.
Nel 1987 Hagler perse contro Leonard, e il verdetto non fu affatto un “verdetto al limite” . I due pugili erano abbastanza vicini alla parità, questo forse sì, per cui la superiorità di Leonard non era così netta . Hagler era certamente più avvantaggiato fisicamente, ma fu più lento e prevedibile . La vittoria fu pazientemente costruita da Leonard, che partendo svantaggiato dimostrò, oltre che una forza d’animo e psicologica smisurata, una capacità inverosimile nella schivata, nel gioco di gambe e di tronco e una efficienza respiratoria e psico-fisica assolutamente superiore a quella di Hagler . Verso la fine dell’incontro Leonard avrebbe potuto mantenere lo stesso stile pure a occhi chiusi, mentre Hagler, che non ci vedeva più nulla, arrancava in quanto era un pugile più solido ma più macchinoso . Quell’incontro fu un grande esempio del senso stesso della boxe, che poi è il senso stesso della vita: il più forte può non vincere . Anche se Hagler ha poi rivendicato in pubblico di essere lui il vincitore, in realtà, guardando gli istanti immediatamente successivi alla lettura del verdetto e guardando come Hagler si congratula sommessamente con Leonard, si capisce che egli ha realizzato la sconfitta, e questa onestà non può fargli che onore . Si tratta di un incontro difficile da capire, questo è certo .