Pietro Orlandi a 35 anni dalla scomparsa di sua sorella Emanuela è tornato a parlare di questo intricato mistero rilasciando dichiarazioni forti a Radio Cusano Campus. Intervenuto alla trasmissione “La Storia Oscura”, Pietro Orlandi ha detto: “Chiediamo che dopo la magistratura italiana, sia quella vaticana a indagare sulla scomparsa di mia sorella aprendo un’inchiesta interna perché Emanuela tuttora è iscritta all’anagrafe vaticana, è una cittadina vaticana e perché è chiaro che all’interno del Vaticano ci sono delle persone che hanno avuto delle responsabilità su quello che è successo.
Purtroppo, Emanuela è stato un tassello in un sistema di ricatti che ha coinvolto lo Stato, la Chiesa e la criminalità e per criminalità intendo la Banda della Magliana e la mafia.
Perché secondo me –ha aggiunto Pietro Orlandi- l’ipotesi più probabile rimane la montagna di soldi che la mafia tramite la Banda della Magliana, in particolare Enrico De Pedis, fece transitare nelle casse dello Ior e in quelle del Banco Ambrosiano di Calvi. Soldi che Giovanni Paolo II utilizzò per la causa polacca di Solidarnosc. Di conseguenza, il sequestro di mia sorella, in quanto cittadina vaticana, servì a fare pressione in certi ambienti del Vaticano. Emanuela probabilmente è stata l’oggetto di un ricatto molto forte nei confronti della Chiesa.
Il Vaticano indaghi e dia risposte; se si sono sempre dichiarati non responsabili, dovrebbe essere nel loro interesse accertare come andarono le cose.
Invece c’è sempre stata la volontà di insabbiare. E purtroppo, la magistratura italiana ha accettato passivamente questa volontà del Vaticano e non capisco perché visto che il capo della Procura di Roma nella richiesta di archiviazione ha scritto che ‘nonostante tutto esistono elementi indiziari che hanno avuto riscontro nel coinvolgimento di alcuni elementi legati alla Banda della Magliana nel sequestro di Emanuela Orlandi’.
C’è qualcosa che non torna –ha concluso Pietro Orlandi a Radio Cusano Campus- è chiaro che c’è una volontà forte di chiudere la vicenda perché la verità è qualcosa che non deve uscire. Non a caso, l’anno scorso il Segretario di Stato cardinale Pietro Parolin quando lo incontrai mi ripetè una decina di volte che ‘purtroppo è una questione molto complicata’. Comunque, finchè non avrò la prova che Emanuela è morta per me sarà un dovere cercarla viva. Cioè per me è ancora viva perché non ho la certezza della morte. Non mi basta che Papa Francesco mi dica ‘Emanuela sta in cielo’. Il Pontefice me lo deve dimostrare perché se ad inchiesta aperta nel 2013 mi disse che Emanuela è morta, vuol dire che sa qualcosa”.