Solitudine: situazioni diffuse di emarginazione, o abbandono. Quanti modi esistono di vivere questa condizione? Cosa significa sentirsi soli? Ne abbiamo parlato a #genitorisidiventa, su Radio Cusano Campus, col dottor Filippo Gibiino che ha spiegato la solitudine come momento “di contatto con tante cose. Da un punto di vista psicologico è un’esperienza soggettiva relazionale che ci mette in contatto con noi stessi. Siamo animali relazionali e cerchiamo sempre cose con cui entrare in relazione: un libro, un’opera d’arte o un’altra persona. La solitudine può essere vissuta come esperienza positiva o di difficoltà.”
La solitudine positiva
Per questo la solitudine può essere percepita e declinata in tanti modi, per la diversa accezione che viene data al termine stesso. “Nel campo della sociologica, invece, può essere vuoto relazionale, mancanza di rapporti”, ha fatto notare Gibiino. “La solitudine positiva può essere un modo per stare a contatto coi nostri bisogni, desideri, se sono in grado di dialogare con me stesso. Mentre se la solitudine è una relazione negativa, con me stesso, entro in contatto coi giudizi negativi e una serie di cose che mi mettono in difficoltà. Solo una buona relazione con la mia interiorità può permettermi di dimenticare queste negatività.”
Solitudine: come spiegare ai figli che nella vita è possibile avvertire sensazioni simili, o trovarsi in condizioni, difficili, inaspettate?
“Gli adolescenti stanno traghettando dall’infanzia all’età adulta, la solitudine è una condizione che permette di capire cosa diventare e attraverso quali bisogni muoversi. Bisogna che il genitore possa lasciare uno spazio per questo momento di elaborazione, di distacco.”
Solitudine e introversione
Tuttavia nella vita ci sono momenti in cui riusciamo a gestire meglio o peggio questi periodi, varia tutto a seconda delle “oscillazioni emotive, interiori. In alcuni periodi ci sentiamo più estroversi, rispetto ad altri dove siamo più introversi e riusciamo a connetterci meglio con particolari vissuti. L’introversione non è una malattia, non va patologizzata. Il genitore può vivere l’introversione del figlio come bisogno di momento di riflessione su se stesso”, ha osservato l’esperto di introversione e solitudine.