Il bambino promesso (Nutrimenti edizioni) è la prima opera autobiografica di Massimo Bavastro. L’autore, che abbiamo già avuto modo di apprezzare grazie ad alcuni lavori per la televisione e il teatro, attraverso il suo ultimo libro vuole “toglie retorica sull’idea di adozione”, come ha affermato egli stesso in trasmissione, a #genitorisidiventa, su Radio Cusano Campus.
Nove mesi in Kenya
Nove mesi, per una donna, corrispondono al periodo di gestazione, mentre per la famiglia di Massimo sono stati il periodo di permanenza in Kenya. “E’ stato il lasso di tempo in cui si stava costruendo la nostra famiglia. Nel libro compaiono molte situazioni, anche diverse”, ha aggiunto Bavastro. “Ogni storia d’adozione è una storia a sé, l’unico fattore che accomuna le coppie adottive è dato dalla richiesta di amore incondizionato. Col mio libro racconto un caso di amore che si è costruito nel tempo. Mio figlio mi è stato porto da una donna in camice bianco, ma non l’ho sentito subito mio. Mentre i nove mesi in Kenya sono stati il tempo necessario per sentire mio questo bambino.”
Nairobi, la borghesia, le baraccopoli
Il bambino promesso è, dunque, anche la storia di un viaggio, in un mondo nuovo, lontano e diverso da noi. “E’ stato un viaggio che ci ha permesso di conoscere il mondo del nostro bambino, con tutte le precauzioni del caso, siamo andati a visitare le baraccopoli all’interno della città. L’alta borghesia di Nairobi vive a stretto contatto con le baraccopoli”, ha specificato l’autore.
Gli orfanotrofi
Durante il viaggio, l’autore ha avuto modo di conoscere meglio “i fondatori degli orfanotrofi. Ci ho passato giornate con loro senza capire se fossero dei santi, dei farabutti o forse entrambe le cose. L’orfanotrofio è un’occasione di business, ma anche un modo per dare delle opportunità di vita a chi non ne ha. Nell’insieme, ho voluto spiegare che l’amore non arriva subito, all’istante, avvicinandosi ad un bambino”, ha sottolineato Massimo Bavastro.