Ritrovare un cranio umano risalente a 5.300 anni fa non capita tutti i giorni. Eppure, il 7 giugno è successo al gruppo speleologico bolognese. Tra un’esplorazione e l’altra nella zona del parco dei Gessi, il gruppo ha visto comparire un teschio all’interno della grotta Marcel Loubens.
Il cranio è un ritrovamento isolato e dalle analisi risultano tracce di manipolazione del cadavere
Dopo circa 11 ore di lavoro minuzioso di 20 operatori e speleologi, il ‘tesoro scoperto’ è stato messo al sicuro dentro una valigetta diretta al dipartimento di geologia dell’Università di Bologna, che lo sta analizzando. Per il momento, l’esito di un tac riferisce che potrebbe appartenere a una giovane donna, ma le incertezze sono ancora molte. C’è “un dubbio fondamentale sul ritrovamento”, racconta Monica Miari, una delle archeologhe che ha partecipato alla scoperta. “Cosa ci faceva lì quell’unico cranio?” è la risposta alla quale stanno cercando di rispondere, e per farlo è necessaria “la più forte collaborazione possibile tra discipline diverse”, aggiunge Giovanna Belcastro, antropologa dell’Alma Mater. Il cranio infatti è un ritrovamento isolato e dalle analisi “risultano tracce di manipolazione del cadavere”.
“Potrebbe essere scivolato o potrebbe essere stato intenzionalmente collocato lì in occasione di un rituale funebre”, continua Belcastro. Per indagare questi aspetti, sia antropologi, speleologi e archeologi sono d’accordo che sì, “sia necessario tracciare un profilo biologico del soggetto, individuando genere, origine etnica, datazione”, sia “cercare di capire come è arrivato in quel punto”.
Probabilmente il cranio sarà collocato al museo di San Lazzaro, o sul territorio comunale
È una “scoperta rilevante dal punto di vista scientifico, ma non solo. Il nostro primo dovere istituzionale è la salvaguardia dei beni culturali del territorio”, afferma Cristina Ambrosini, soprintendente archeologia Belle arti e Paesaggio di Bologna. “Cosa c’è di più bello di vedere come una realtà che è paesaggio e natura diventi anche passione, coinvolgimento, iniziative?”, continua sostenendo che la strada della collaborazione sia quella più efficacie per valorizzare il territorio bolognese e regionale.
Concorda anche Nevio Preti, responsabile del gruppo speleologico bolognese, che coglie al volo la proposta, lanciata dalla sindaca di San Lazzaro di Savena Isabella Conti, di “andare nelle scuole a raccontare questa scoperta e per avvicinare i ragazzi a queste attività”. Perché, continua Preti, “chi vive di passioni deve avere possibilità di poterlo trasmettere agli altri”. Molto probabilmente, finite le attività di analisi vicino all’Università, il cranio sarà collocato al museo di San Lazzaro, o comunque sul territorio comunale che vanta già una raccolta di resti e oggetti di corredo funebre di 41 individui, risalenti all’età del Rame.
Fonte DIRE