A Monterenzio, sull’Appennino bolognese, si trova l’impresa cooperativa fra apicoltori soci, a carattere nazionale, più grande d’Italia e d’Europa, modello completo di “filiera del miele”. Dalla produzione in apiario alla commercializzazione del prodotto finito.
Gli apicoltori soci di Conapi lavorano secondo metodi tradizionali, che si distinguono per l’attenzione alla salute delle api
È Mielizia Conapi (Consorzio nazionale apicoltori società coop agricola), una realtà economica per descrivere la quale i numeri valgono più delle parole. 248 aziende individuali o collettive, oltre 600 apicoltrici e apicoltori, con circa 90.000 alveari in tutta Italia, che nel 2017 hanno conferito 3.000 tonnellate di miele, il 50% da produzione biologica, per un fatturato di 22 milioni di euro. Con annesso centro didattico visitato ogni anno da oltre mille studenti. È qui che si è recata in visita la commissione Politiche economiche dell’Assemblea legislativa, presieduta da Luciana Serri, “per toccare con mano un’eccellenza produttiva dell’Emilia-Romagna che ha anche un’importante rilevanza ambientale e didattica”.
“Gli apicoltori soci di Conapi lavorano secondo metodi tradizionali e consolidati, che si distinguono per l’attenzione alla salute delle api, la cura nella produzione, nella conservazione del prodotto e della sua assoluta freschezza. Il loro impegno, infatti, è quello di garantire un prodotto di alta qualità. Quest’ultimo viene ottenuto seguendo il rigido disciplinare contenuto nel regolamento interno che hanno sottoscritto associandosi alla cooperativa. Il risultato è una ricca gamma di mieli millefiori e monoflora, oltre a prodotti apistici ricercati come polline, pappa reale e propoli”. Ha spiegato Elisa Prosperi, responsabile della Qualità.
Le mutate condizioni climatiche e l’uso di sostanze chimiche in agricoltura hanno comportato un calo della produzione
Negli ultimi anni, evidenzia Diego Pagani, presidente del Consorzio, “abbiamo dovuto fronteggiare un drastico calo della produzione di miele. Le mutate condizioni climatiche e l’uso di sostanze chimiche in agricoltura, ortofrutticoltura e viticoltura hanno avuto pesanti conseguenze sul ciclo di vita e sulle abitudini delle api. A questo si è aggiunto un ulteriore problema. Il miele è diventato il terzo prodotto alimentare più adulterato nel mondo. Per questo Conapi ha collaborato col ministero delle Politiche agricole per promuovere un deciso contrasto all’uso di pesticidi in agricoltura. Inoltre, Conapi ha sottoscritto intese con le rappresentanze del mondo agricolo e dei produttori di sementi e di diserbanti, nella consapevolezza che le api sono un importante indicatore biologico della qualità dell’ambiente”.
Andrea Bertani (M5s) ha chiesto quanto il calo della produzione abbia inciso sul prezzo del miele. Il presidente del Consorzio ha ricordato come negli ultimi 10 anni il prezzo del miele sia passato da tre a 10 euro al chilo. Serri, facendosi interprete dell’apprezzamento dei consiglieri “per una realtà produttiva a decisiva vocazione ambientale”, ha domandato se sia quantificabile anche in termini economici il beneficio dell’allevamento delle api per l’ambiente circostante. Il presidente di Conapi ha risposto che un alveare genera un valore aggiunto di 1.200 euro grazie alla fondamentale funzione di impollinazione.
Fonte DIRE