Raccolta differenziata che cresce poco o nulla, estensione del porta a porta ferma e gran parte dei rifiuti che finiscono quindi per bruciare in inceneritori o sotterrati nelle discariche anche se non di Roma.
La diffusione del porta a porta è ferma a poco meno del 33% delle utenze nel 2017
È il quadro poco esaltante della gestione del ciclo dei rifiuti della Capitale fatto da Legambiente Lazio in un dossier presentato nel corso di una conferenza stampa. L’associazione ambientalista ha confrontato i dati 2016 e 2017 sia della produzione dei rifiuti di Roma sia sulle modalità di raccolta e di gestione. La differenziata, secondo Legambiente, cresce di poco più di un punto tra il 2016 e il 2017 (dal 42,8 al 44,3%). La diffusione del porta a porta è ferma a poco meno del 33% delle utenze nel 2017. Inoltre ” l’ambizioso programma del Campidoglio per il raggiungimento nei prossimi tre anni del 70% di differenziata sembra compromesso considerando questi dati, a meno di un cambio di rotta deciso”.
Sempre in tema di differenziata “sul territorio romano c’è una disomogeneità totale nella modalità di raccolta per i 15 municipi. E’ positivo il superamento del 50% delle utenze passate al porta a porta nei municipi IX, VI e I. Risulta fanalino di coda il V municipio con soli cassonetti. Anche il nuovo porta a porta a microchip ha una diffusione irrisoria con sole 327 utenze domestiche e 68 commerciali al Ghetto. La sua ulteriore diffusione annunciata a tutto il Municipio VI e X Municipio sta riguardando in realtà i soli quartieri di Axa e Fontana Candida/Due Leoni. Invece, a San Lorenzo, Dragona, Dragoncello, Centro Giano e Tor Bella Monaca Vecchia siamo ancora a studi preliminari”.
Quasi il 60% dei rifiuti viene bruciato o mandato in discarica, anche se altrove rispetto a Roma
Pertanto, diventa inevitabile che la parte del leone la facciano i rifiuti che finiscono in discariche o negli inceneritori. “Quasi il 60% dei rifiuti viene bruciato o mandato in discarica, anche se altrove rispetto a Roma. Più di 700mila tonnellate, il 41% del totale, sono state bruciate nei termovalorizzatori di altri territori. La Capitale produce circa 1,7 milioni di rifiuti annui totali, con una media giornaliera di 4.700 tonnellate. Di questi 1 milione di tonnellate sono ancora indifferenziato che passa nei Tmb di Ama e privati con una forte migrazione e in altri territorio del Lazio, altre regioni e Austria. L’accordo per conferire in Puglia, fino al 30 giugno prossimo, 4.500 tonnellate complessive sembra del tutto irrisorio”, ha detto Roberto Scacchi, presidente di Legambiente Lazio.
La situazione è tutt’altro che confortante anche a proposito dell’impiantistica per valorizzare le frazioni raccolte in maniera differenziata. “Ci sono poi 172mila tonnellate di umido nel 2017 da trattare che hanno preso le strade del nordest Italia. Si parla invece di Cesano e Casal Selce per la realizzazione di due impianti per il compostaggio aerobico. Senza coinvolgimento alcuni dei territori, senza recupero di edilizia in disuso e con nuovo consumo di suolo nel verde, con una progettazione affidata allo soletta tecnologia aerobica che maleodora e non crea energia. Al contrario si dovrebbe puntare sui biodigestori anaerobici. Questi, infatti, non emetterebbero miasmi, non produrrebbero emissioni e immetterebbero in eterno SNAM il biometano prodotto ma non vengono presi assurdamente in considerazione. Un governo carente su ogni livello del ciclo di gestione. E’ stata strutturata l’emergenza cercando di frenare il mare con un dito”. Ha evidenziato Scacchi
E se lo scenario non muterà, secondo il presidente di Legambiente Lazio. Infatti: “prima o dopo arriverà un commissariamento che imporrà a Roma gli impianti necessari alla corretta chiusura del ciclo di gestione dei rifiuti, anche quelli indifferenziati, quindi discariche e inceneritori”.
Fonte DIRE