Tenzing Norgay la prima, grande guida capace di scalare
le vette più alte del pianeta. Uno che non ha mai perso il sorriso
Namgyal Wangdi, conosciuto come Tenzing Norgay, è stato un alpinista nepalese-indiano di etnia sherpa. E’ uno di quelli che ha aperto la strada, il sentiero del coraggio, nella perpetua sfida dell’uomo alla montagna, con tutti gli accorgimenti del caso.
Nacque nel 1914 nella regione del Solo Kumbu, e si sposò nel 1933, giovanissimo, a 19 anni, ed ebbe due figli.
Nel 1935 senza nessuna esperienza viene ingaggiato come portatore d’alta quota della British Everest Expedition, la Spedizione Inglese per il Monte Everest, guidata da Eric Shipton. L’obbiettivo era la cima dell’Everest, tetto del mondo, dalla parte del versante tibetano. Il risultato fu un’altezza di 7000 metri e Norgay dimostrò già clamorose doti fisiche e percorribili tecniche di scalata.
Nello stesso anno, con C.R. Cooke, conquista la vetta del Kabru Nord, alta ben 7.338 metri. Questa spedizione è stata effettuata senza ossigeno supplementari a supporto generale e medico degli avventurosi e temerari dell’impresa.
Nel 1936 ritenta la scalata del Monte Everest, sempre con il gruppo scientifico e organizzativo facente caso al britannico Shipton, ma ancora una volta non riescono ad arrivare in cima. Nel 1937 Norgay e Shipton partecipano ad una spedizione sul Nanda Devi, montagna che fa parte della catena dell’Himalaya centrale, poi con J.T.M. Gibson tenta il Banderpuch senza riuscire per poche centinaia di metri.
Nel 1938 la perseveranza, il voler conoscere i propri limiti, la grinta di chi ha il coraggio come compagno di ventura, sono una parte dei fattori che riportano Tenzing Norgay e H.W. Tillman a ritentare la scalata al gigante assoluto, l’Everest. Un nome che soltanto a pronunciarlo, da qualsiasi latitudine del pianeta, faceva e fa ancora venire i brividi su per la schiena a qualsiasi alpinista e scalatore. E Norgay supera il suo personale record arrivando a 8.300 metri circa.
Nel 1940 Tenzing Norgay, ventiseienne, si trasferisce in Pakistan dove svolge lo stimolante compito di cuoco per l’esercito inglese, durante la guerra. Cinque anni dopo si sposa con la cugina dell’ex moglie, purtroppo deceduta l’anno prima, nel 1939.
Norgay è un uomo determinato, tenace, forte, e nel 1947 tenta un’improbabile scalata, sempre opposto all’Everest, stavolta dal versante del Tibet, ma fallisce ancora l’obiettivo. Tre anni dopo, siamo nel 1950, lavora insieme a Roy Greenwood e King Chong Tsering; e per la prima volta nella storia scalano tutto il Banderpuch (6320 metri), la medesima vetta che fallì nel 1937, ben 13 anni prima. L’esperienza, è chiaro, ha fatto il suo corso, e dato il suo giusto e atteso contributo.
Nel 1951 partecipa ad una spedizione francese, con l’obiettivo di raggiungere entrambe le vette del Nanda Devi. Raggiungerà la cime dal lato orientale (a quota 7434 metri) e dichiarerà che questa scalata fu la più complicata della sua vita.
Le vette più alte del pianeta sembrano alla portata di Tenzing Norgay. Che nel 1952 fa parte della spedizione di svizzeri capitanata da René Dittert. E quell’organizzazione elvetica porta Norgay alla gloria dell’Alpinismo estremo. Perché quella compagine di uomini di pericolosa avventura arrivano al massimo, mai scalato da un essere umano, ben 8600 metri. Si arrendono a soli 250 metri dalla vetta, ma il cibo e l’ossiegno scarseggiavano. Diversamente non sarebbero potuti tornare vivi indietro. Tuttavia la cima viene scalata l’anno, 1953, con Edmund Hillary e l’impresa viene quindi completata.
Elisabetta ll diede a Tenzing Norgay la “George Medal”, massima onorificienza per un non cittadino del Commonwealth britannico. Gli è stato anche dedicato l’aeroporto di Lukla, nello Stato del Nepal.
Tenzing Norgay, uomo dal grande sorriso, anche di fronte ai rischi che potevano comportare le sue insidiose imprese.
E’ salito in Cielo, questa volta imprendibile, il 9 maggio 1986, a Darjeeling, in India. Tra i premi ottenuti anche la celebre Hubbard Medal.
Due, i libri scritti, Tiger of the Snows, Tigre delle Nevi, e la sua Autobiografia. Opere che avrebbero spalancato la mente dell’uomo, a quelle irraggiungibili altitudini.