“De Canio resta ed è la garanzia di un progetto serio”. Il concetto, semplice, diretto, senza troppi fronzoli, lo esprime Dario Viciani, figlio dello storico allenatore rossoverde Corrado cui la società umbra ha intitolato ormai da qualche anno la Curva Est. Forse questo appena trascorso non era l’anno buono, forse non si era attrezzati al meglio per la cadetteria e di sicuro la sorte ha girato spesso contro e Vicinai jr ci tiene a sottolinearlo: “E’ vero che forse la squadra non era del tutto attrezzata e che spesso la fortuna aiuta i più forti, ma diciamo che la fortuna ha giocato un buon ruolo. Io non so se il numero di pali presi quest’anno abbia avuto uguali nelle stagioni passate”.
L’arrivo di De Canio ha fatto pensare ad una svolta quasi naturale, come se a seguito del suo ingaggio tutti i problemi potessero sparire di colpo. Viciani jr non è tra quelli convinti che il cambio in panchina sia stato solo troppo tardivo: “Non abbiamo la riprova che cambiando prima si sarebbe fatto meglio. Certo l’allenatore è importante ma contano di più i giocatori: oggi si inventa poco, tutti leggono gli stessi libri di tattica, gli allenamenti sono studiati coi droni, si possono vedere tutti i movimenti, ci sono staff interi che fanno questo lavoro, c’è la tecnologia. Oggi l’allenatore conta meno di una volta, di quando c’era più dilettantismo. Pensate alla Juventus rispetto al Napoli, o al Real Madrid: non si può dire che il Real giochi bene, ma poi si vince con le sforbiciate di Bale e di Ronaldo”.
A parlare è uno il cui padre dovette arrangiarsi col materiale umano che aveva a disposizione. Anche se Dario una famosa citazione di papà Corrado l’ha sempre smentita: “Avevo degli asini come giocatori, non potevo permettermi lanci lunghi, invenzioni, fantasie. Bisognava correre, fare passaggetti facili facili, sovrapporsi”.
“Colgo l’occasione per smentirla, questa frase è uscita fuori quando Corrado non allenava più, aveva un po’ di rancore per il calcio che lo aveva emarginato, perché lui detestava i procuratori. Era ovvio che per i lanci di 60 metri bisogna avere Rivera e lui non lo aveva, ma mio padre ha detto solo che per competere con squadre più attrezzate bisogna avere qualche arma in più, come organizzazione e corsa. Quelli invece erano gli anni del 2 che marca l’11, il 5 che marca il 9 e poco più”.
Tornando all’Unicusano Ternana e al suo allenatore di oggi, in ogni caso, Viciani è ottimista. “Il fatto che sia rimasto un allenatore famoso e bravo come De Canio la dice lunga, vuol dire che la società ha un progetto chiaro. De Canio è una garanzia della serietà del progetto, è uno volendo potrebbe trovare piazze più importanti, se è rimasto un motivo c’è”.