Hanno avuto 10 minuti per difendersi e poi sono state condannate a morte. La domanda è: chi si occuperà dei loro 820 figli? E’ una sentenza “precipitosa” quella emessa dal tribunale di Baghdad per 40 mogli dell’Isis, finalizzata a punire i membri del califfato. Nessuna di loro rinnega i valori dell’Isis e la loro condanna è stata già scritta: la pena di morte e l’ergastolo per molte altre già passate per il tribunale.

Iraq, sentenza precipitosa per 40 donne

Tutte le donne finite sotto accusa erano perlopiù cittadine europee turche o asiatiche. Si tratta dei paesi da cui sino scappate per abbracciare il califfato islamico e che ad ora le ha abbandonate al loro destino.

“Sono stata portata in Siria circa cinque anni fa con i miei genitori”, racconta una donna, come riportato sul Guardian. “Mi hanno fatto sposare un uomo turco. Era gentile con me, abbiamo avuto una figlia e siamo andati a viver in Iraq. Poi sono rimasta vedova ed è morto anche mio padre. Ora sono in prigione con mia madre e mia figlia. Voglio tornare a casa, anche se il mio Paese non è buono con me. Non indosserò l’hijab se ritornerò. L’Isis è stato buono con me, mi ha insegnato come dovevo coprirmi”.

La storia di Djamila Boutoutao

Djamila Boutoutao è una cittadina francese di 29 anni, che alle altre compagne spiega: “Sto diventando matta in questo posto. Mi condanneranno a morte o all’ergastolo. Nessuno mi dice niente, ne l’ambasciata, né le guardie del carcere”. Poi, quando tocca a lei, implora la Corte: “Non portatemi via mia figlia. Posso offrirvi dei soldi se contattate la mia famiglia. Per favore, fatemi uscire di qui”. Arrivata in Iraq nel 2014 con il marito, Mohammed Nassereddine e due figli, Djamila Boutoutao si ritrova dinnanzi alle conseguenze di quella decisione: nel giro di due anni è rimasta vedova e ha perso il figlio maschio, Abdullah.