Conservare la fertilità del suolo e la biodiversità, favorire il risparmio energetico, ridurre le emissioni di CO2. Queste le più importanti sfide di un’agricoltura biologica che sempre più guarda alla sostenibilità ambientale.
Un progetto europeo per la lavorazione del terreno secondo principi ecosistemici
E proprio questi sono gli obiettivi di Soilveg, il progetto europeo triennale, coordinato dal Crea Agricoltura e Ambiente. I risultati finali del progetto vengono presentati oggi a Roma, presso la sede della Società Geografica Italiana. I ricercatori, dei diversi Paesi europei partner si sono concentrati sulla non lavorazione- insieme di tecniche per seminare o trapiantare una coltura senza o quasi lavorare il terreno, che comporta vantaggi ambientali a fronte di rese inferiori- cioè finalizzate non al reddito, ma ai servizi ecosistemici.
La non lavorazione del suolo è abbinata all’uso del rullo pacciamante. Si tratta di un rullo sagomato, utilizzato per allettare le colture di servizio agroecologico. Invece di interrarle con una lavorazione, e permettere quindi la semina o il trapianto della successiva coltura da reddito.
La tecnica della non lavorazione ha un impatto positivo sulla qualità del suolo
Ed è con questa modalità che sono stati coltivati in biologico: cavolfiore, peperone, pomodoro, zucca, utilizzando come colture di servizio agroecologico: favino, veccia, orzo, grano saraceno, secale. “L’identificazione delle specie di servizio agro ecologico più adatte e le proporzioni delle diverse specie e famiglie negli eventuali miscugli di semina sono aspetti cruciali da considerare per ottimizzare localmente questa tecnica- spiega il coordinatore del progetto Stefano Canali, ricercatore Crea- Inoltre, il cantiere di lavoro utilizzato deve essere adeguato ed adattato alle condizioni specifiche del suolo”. Così in un comunicato il Crea.
I risultati di Soilveg evidenziano come la tecnica della non lavorazione abbia un impatto positivo sui parametri microbici, indicatore importante della qualità del suolo. In generale, la densità delle infestanti è stata notevolmente inferiore nelle varianti non lavorate rispetto a quelle lavorate. E si è potuto riscontrare che le comunità vegetali delle parcelle lavorate, laddove la coltura di servizio agroecologico è stata sovesciata, sono state caratterizzate da piante infestanti annuali più competitive, con maggiore superficie fogliare specifica, maggiore altezza e con piu’ lungo periodo di fioritura.
Il consumo energetico si è ridotto del 20% nelle parti di terreno non lavorate
La non lavorazione ha avuto risvolti positivi anche per la biodiversità delle comunità di artropodi predatori del suolo. Infatti, la densità dei coleotteri del suolo, di altri insetti predatori, e in alcuni paesi anche di ragni,è risultata maggiore rispetto alle parcelle test lavorate. Inoltre, il consumo energetico è stato ridotto in media del 20% per unità di superficie nelle parcelle non lavorate rispetto alle varianti lavorate con il sovescio, mentre nella non lavorazione risultano minori anche le emissioni di gas serra.
Le attività del progetto hanno consentito di identificare le principali criticità della tecnica di non lavorazione basata sull’utilizzo del rullo pacciamante. I ricercatori sono stati impegnati nell’adattare questa tecnica alle necessità locali, migliorando sia l’aspetto tecnico che quello ambientale. Allo stesso tempo, hanno cercato di ridurre il suo impatto negativo su qualità e quantità della produzione, conclude il Crea.
Fonte DIRE