Maurizio Bettini, direttore del Centro di Antropologia del mondo antico dell’Università di Siena e autore del libro A che servono i Greci e i Romani? (Einaudi 2017), ha alimentato una disputa mai veramente sopita e quanto mai attuale, quella che vede l’insegnamento delle materie umanistiche, quelle classiche in particolare, al centro di una crisi che pare essere senza fine. Il prof Bettini mette in discussione l’attuale didattica del latino e del greco, talmente vicina a quella di 100 anni fa, da provocare un progressivo e inesorabile calo delle iscrizioni al liceo classico. D’altra parte, una delle ultime bacchettate ricevute dal nostro paese da parte dell’Europa in fatto di educazione e formazione, riguarda proprio questo: siamo penultimi nel vecchio continente per numero complessivo di laureati e troppi di questi scelgono ancora percorsi accademici umanistici, senza una vera e propria richiesta di professionisti del settore nell’attuale mercato del lavoro.
Il teorema riassuntivo di Maurizio Bettini è duro: “Se non leggeremo più l’Eneide perderemo contatto non solo con il mondo romano, ma anche con ciò che è venuto dopo. Perdere Virgilio significa perdere anche Dante, e così via. Un cambiamento radicale di enciclopedia culturale somiglia infatti a un cambiamento di alfabeto”.
Maurizio Bettini prosegue: “Conoscere i passaggi meccanici attraverso i quali realizzare una buona traduzione non avvicina alla cultura del personaggio tradotto, al suo modo di intendere il mondo, alla sua capacità di interpretarlo con gli strumenti di cui ci si poteva servire all’epoca. Bisognerebbe sperimentare, affiancare alla traduzione tradizionale la rappresentazione teatrale, ad esempio, qualcosa che faccia vivere una lingua che definire morta è delittuoso. Morta è la lingua degli indiani canadesi ed è una perdita enorme, il latino e il greco sono tutto fuorché lingue morte. Forse è il momento di cominciare a sottrarsi al pensiero unico imposto dall’economia e, per proteggere i beni simbolici, elaborare più efficaci strategie nell’insegnamento sia nelle scuole che nell’università”.
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