Kakà, Atleta di Cristo
Scampato a un rischiosissimo incidente in piscina
è diventato un esempio di gratitudine e riconoscenza
del Salvatore. Che vigila su Rio e su tutto il Brasile
E’ stato in cima all’Europa e al Mondo, nel Milan come con la Seleçao
Oggi raccontiamo la parabola di un atleta di Cristo. Ricardo Izecson dos Santos Leite, calciatore brasiliano che da poco ha terminato la sua carriera, più noto con il nomignolo di Kakà.
Un diminutivo che deriva dal fratello che, da bambino, non riusciva a pronunciare il nome Ricardo. Da qui Cacá e quindi Kakà, con la “K”.
Un trequartista di quelli delicati, nel trattamento dell’oggetto del desiderio, il pallone, che lui avrebbe spedito nelle porte avversarie con rara precisione e potenza. Con movenze degno di un ballerino di musica classica e la potenza di un velocista, nel cuore delle difese delle squadre sistemate sul lato opposto del rettangolo di gioco. All’occorrenza ha giocato anche da seconda punta, e con signori risultati.
Iniziò la sua strada tra i professionisti del paese carioca nel San Paolo quando era ancora molto gracile fisicamente. I tecnici e i dirigenti stabilirono subito che dovesse irrobustirsi.
Oltretutto nell’Anno del Signore 2000 Ricardo ha sbattuto violentemente la testa sul fondo di una piscina, fratturandosi una vertebra e scampando alla paralisi per pochissimo. Da questo episodio la sua fede religiosa è sempre stata una compagna di vita. Come notava dall’esultanza con gli occhi e le dita rivolti al cielo.
Debutta nel 2001 a 18 anni e segna il primo gol tre giorni dopo contro il Santos. Nel primo campionato avrebbe realizzato 12 gol in 27 partite. Il che lo porta a venir subito considerato uno dei migliori giovani emergenti.
Tanto che nel 2003 passa al Milan per 8,5 milioni di euro, grazie a Leonardo, altro brasiliano diventato Campione del Mondo, ma nel 1994: a Pasadena, Los Angeles, in un ultimo atto che, ahinoi, ricordiamo bene perché gli azzurri lo persero ai tiri di rigore dopo lo 0-0 con il Brazil. Prende la maglia 22.
Il suo primo gol lo fa nel derby del 2003 e vive subito una grande stagione, che vedrà i rossoneri vincere lo scudetto. Il suo contributo, rapidi capovolgimenti e assist decisivi a parte, è di tutto rispetto: Kakà realizza ben 10 reti.
Il 2003 è anche l’anno della grande impresa europea: il Milan e la Juventus arrivano in finale della più importante competizione continentale. Si va ai tiri di rigore e il Milan è Campione d’Europa!
In Champions l’anno dopo il Milan interrompe il tentativo di aprire un ciclo ai quarti di finale, perché batte all’andata 4-1 il Deportivo La Coruña che al Riazor vincerà, clamorosamente, per 4 a 0.
Sarebbe stato soltanto l’antipasto perché, al netto della conquista di una Supercoppa europea, l’anno dopo la più importante competizione il Milan l’avrebbe fatta sua, alla fine del primo tempo di una indimenticabile e dolorosissima finale. E’ il 25 maggio del 2005, e i rossoneri, con Kakà trequartista, giocano il più grande primo tempo della storia del calcio di club, finendo con un torello sul 3-0 nei confronti del Liverpool di Rafael Benitez, nello stadio della mezza luna di Istanbul, coi tifosi dei reds silenziati. Va detto che sull’1-0 venne annullata anche una rete a Shevchenko che era regolare. Nel secondo il Liverpool rimonta 3 gol in 9 minuti, Dudek nei supplementari stoppa un tiro ravvicinatissimo a Sheva; e ai tiri di rigore la squadra inglese vince la Coppa dei Campioni. Per Kakà e il Milan è una delle notti più brutte della vita.
Un’autentica “tramvata”, al morale e alla compattezza del gruppo di Carlo Ancelotti, responsabile di un naufragio nel Bosforo degno della storica disfatta di Napoleone a Waterloo.
Ma la maturazione di Ricardo Kakà è ancora lontana, dal concretizzarsi. Nel 2005/2006 va sempre più affermandosi il suo talento cristallino, fatto di una grande interpretazione tattica, accompagnata da una imprendibile velocità palla al piede, di secchi dribbling, tecnica e di un innato senso del gol. Il Milan arriverà terzo in campionato.
Siamo nella bufera di Calciopoli e se la gestione federale dei campionati di calcio, in Italia, fosse una cosa seria, ci sarebbe una retrocessione a valanga dei club più blasonati, visti i magheggi e le mascalzonate fatte, concordemente con alcuni esponenti FIGC e con appartenenti al settore degli arbitri. Già con tutti quelli che vanno in televisione, parliamo dei dirigenti di Via Allegri, o di quelli che dirigono le partite, che, in una nazione civile e retta, normale, dovrebbero far rispettare le regole di una cosa che, nella realtà, non è più un gioco. Ma da tanti anni.
La Juventus meriterebbe la retrocessione in Serie C2 ma patteggia la Serie B, l’Internazionale la serie cadetta, ma se la cava non si sa bene come: anche il Milan, dovrebbe andare in Serie B, e invece, penalizzato, resta in Serie A e partecipa alla Coppa dei Campioni. Per non parlare della Lazio e delle altre.
Non solo il Milan partecipa alla Coppa dei Campioni ma nella stagione 2006-2007, quella successiva ai campionati del mondo vinti in Germania, la vince, ad Atene, nella rivincita con il Liverpool, con una incredibile dose di fortuna, nel primo gol, costruito da Pirlo e segnato da Inzaghi fortuitamente alla fine del primo tempo. Mentre il secondo gol è una pennellata di Kakà per lo stesso Pippo Inzaghi pescato sul filo del fuorigioco. Riviviamo quel momento tramite una telecronaca….
Il Liverpool segnerà all’87’ con Kuyt, l’olandese, ma Fandal emette i tre fischi con 17 secondi di anticipo. Si è consumata la più grande rivincita del mondo del calcio, a distanza di due anni da quella tremenda notte in riva al Mar del Bosforo. Il Milan, Kakà e Paolo Maldini, sono sul tetto d’Europa.
E pensare che nella fase preliminare Kakà aveva dato sfoggio di sé proprio
all’Old Trafford (nella semifinale di andata) contro il Manchester United: nella prima partita il Milan è superato al 90’ per 3-2 da una rete di Wayne Rooney e Kakà è immarcabile per tutta la squadra di casa: firma una doppietta. A ritorno San Siro è una bolgia, e vanno in rete Kakà, su passaggio di Seedorf, lo stesso olandese raddoppia. E nella ripresa chiude i conti in contropiede Gilardino. Il Milan vince 3-0 e torna in finale, dove supera con un grande aiuto della Dea Bendata il Liverpool. Kakà di quella edizione di Champions League sarà il capocannoniere del torneo con 10 reti.
Ma il brasiliano, nel 2007, vince la seconda Supercoppa europea e soprattutto vince il pallone d’oro mettendo dietro Cristiano Ronaldo e Messi. Vince nello stesso anno anche mondiale per club e FIFA world player, il miglior giocatore al mondo.
Nel 2008 segna la sua seconda rete al derby ed eguaglia il suo record di reti in Serie A (ben 19). Poi si opera al menisco del ginocchio sinistro.
Il Manchester City prova a prenderlo nel 2009 con un’offerta di oltre 100 milioni di € ma il giocatore si rifiuterà, alla fine, di andare in terra inglese. Accetta di trasferirsi al Real Madrid per 67 milioni ed indosserà la 8, il suo numero in Brasile. Purtroppo la pubalgia creerà problemi in questa stagione. Nel 2010 tra l’altro deve operarsi di nuovo al menisco. Vincerà comunque la Coppa del Re. L’anno dopo vincerà la Liga ma in generale non troverà lo spazio, nei blancos, e nemmeno il feeling che aveva con il Milan. Dove torna nel 2013 e riprenderà la maglia 22. Avrà altri problemi fisici (adduttore) ma farà comunque un’ottima stagione. Rescinde il contratto nel 2014. Chiude la carriera in Brasile e ad Orlando, nella Major League, la Serie A a stelle e strisce.
In nazionale ha segnato 28 reti in 83 partite e ha vinto il mondiale del 2002.