Si chiamano Hikikomori e sono coloro che hanno scelto l’esclusione dalla vita in società, ritirandosi in solitudine estrema. Questo fenomeno sociale, che ha avuto origine in Giappone nella seconda metà degli anni ottanta, inizia a svilupparsi anche nel nostro paese, dove si sono verificati 40 casi in appena due anni.
40 casi in soli due anni
La scuola rappresenta la società ed e’ li’ che la pressione sociale acquisisce una forma che a volte può essere violenta. Al Policlinico Umberto I arrivano ragazzi per abbandono scolastico oppure perché ci sono stati episodi di aggressività. “In questi ultimi due anni c’e’ stato un aumento esponenziale con l’arrivo di 40 casi di giovani ritirati sociali presi in carico. Quaranta ragazzi significa 40 scuole, perché il fenomeno riguarda circa un ragazzo per scuola”. Lo ha detto Ignazio Ardizzone, neuropsichiatra infantile del Policlinico Umberto I e responsabile del ‘Progetto isole’, intervenendo al convegno sugli Hikikomori a Roma. “È una condizione umana, che sia una patologia o una scelta esistenziale- continua il medico- di certo molti pazienti non riconoscono di avere un problema e il primo passo e fare con loro un’alleanza terapeutica che parta dalla consapevolezza che c’e’ un problema”.
Patologia che mostri i primi segni dalle scuole Medie
Il tema centrale e’ il rapporto con la mente dell’altro. “Sono ragazzi che hanno paura della mente dei loro compagni e dei loro professori. Escludono il corpo nella relazione”. Ardizzone ricorda che “il 90% sono maschi ma la presenza femminile sta aumentando. L’esordio di questa patologia e’ alle scuole Medie e sono fermi in un tempo circolare- aggiunge il neuropsichiatra- in un eterno presente. Non vivono un tempo evolutivo”.
Necessari interventi terapeutici riabilitativi a partire da scuola, sanità e famiglia
Il trattamento e’ “complesso e comprende un intervento terapeutico riabilitativo che deve riguardare la scuola, l’istituzione sanitaria e la famiglia”. Il progetto Isole prevede “una terapia iniziale a casa per colpire la paura della mente in questi ragazzi attraverso terapie di gruppo e individuali”, spiega il medico. Il ritiro sociale e’ “una patologia particolare, e’ un segno dei tempi che segna questi tempi. È una patologia legata alla società, alla vergogna, al sentirsi esposti. Dobbiamo curare loro ma anche il posto dove li metteremo. È un lavoro- conclude- a 360 gradi”.
Fonte DIRE