Jonah Lomu un guerriero indimenticabile
volato troppo presto, tra gli Déi
Uno dei brividi più intensi degli ultimi 50 anni nel mondo dello Sport lo procura, anche ai non appassionati di Rugby, la Danza Mahori urlata e ballata dagli All Blacks. Un rito che nasce nella storia delle popolazioni rappresentate. E che avrebbe fatto il giro del mondo anche in relazione alla potenza della compagine neozelandese, capace di vincere, e tanto, contro ogni tipo di avversario.
Uno dei più grandi interpreti del mondo della palla ovale è stato il neozelandese di origini tongane Siona Tali “Jonah” Lomu, scomparso in un tristissimo giorno di novembre del 2015, a soli 40 anni.
Lomu è nato ad Auckland, la terra marina del vento, il 12 di maggio del 1975. E in carriera è stato uno dei più forti Tre Quarti-Ala mai visti in circolazione. Potenza, senso della posizione, coraggio, e muscoli.
E’ stato ritenuto, non a caso, l’uomo-immagine più efficace, non solo degli All-Blacks ma di tutta la disciplina, per i grandi esperti di comunicazione e per gli addetti ai lavori.
Tutto questo dopo che a soli 20 anni, siamo nel 1995, in Sudafrica, si impone all’attenzione dei grandi osservatori, tecnici e giornalisti di tutto il mondo. E’ un trascinatore, un leader, un talento puro.
Il problema è che gli Déi dello Sport non lo hanno risparmiato. Anche un fisico scultoreo come quello di Lomu ha subito, a soli 24 anni, nel 1999, una violenta interruzione del percorso agonistico. E tutto questo per una nefrosi che lo obbligò a un trapianto di rene. Sarebbe ritornato un grande giocatore ma solo fino al 2010, anno in cui completò il percorso da sportivo nei dilettanti, in Francia.
Cresciuto in un quartiere di Auckland pieno di emarginazione e violenza, assiste all’omicidio di un suo zio tramite un machete. Prosegue gli studi al Wesley College, nella scuola metodista dove il nome Siona è cambiato in Jonah.
Entra nella squadra di Rugby in cui si distingue per la tecnica e per la velocità, fatta di una irresistibile progressione. Lomu fa i 100 metri piani in 10 secondi e 8 decimi, quando arriva alle superiori. Nel 1993 è convocato con la nazionale della Nuova Zelanda.
Jonah entra negli Auckland Blues, nei Chiefs e negli Hurricanes, salendo alla ribalta grazie al Campionato del Mondo del 1995. Quello giocato in Sudafrica e perso, nella finale, contro una grande squadra, quella dei padroni di casa. Proprio quell’impresa diede lo stimolo per uno stupendo film: Invictus, con Morgan Freeman nei panni di Nelson Mandela.
E pensare che, dopo la fine dell’apartheid, il Sudafrica era al rientro nelle manifestazioni internazionali, dopo l’isolazionismo totale dovuto a un regime stupido, prepotente, violento e razzista.
Da rilevare che Lomu segna la méta più famosa della storia del Rugby in semifinale contro l’Inghilterra, con i Leoni battuti 45 a 29. Un altro pezzo di storia rimasto nell’immaginario collettivo.
La finale fu vinta dal Sudafrica grazie a un drop dello Springbok, come vengono chiamati i fratelli della palla ovale dei Bafana Bafana del football, Joel Stransky!
Intanto Lomu è stato il più giovane neozelandese a giocare un match internazionale con gli All Blacks. Entra nella pregiata formazione neozelandese a soli 19 anni.
Quando giocherà il secondo Mondiale, 1999, sarà il più prolifico realizzatore di méte, 15 in due rassegne, insieme al sudafricano Bryan Habana. In questa edizione la Nuova Zelanda si piazza al 4° posto.
Nel marzo del 2003 la salute ripresenta un conto ingeneroso al valoroso Jonah Lomu, guerriero dei prati da rugby. Deve fare la dialisi 3 volte a settimana. Naturale che ai Mondiali giocati quell’anno in Australia non prenda parte.
Nel 2004 il suo amico e commentatore radiofonico Grant Kereama gli dona un rene. Lui si riprende fino a giocare per 7 mesi in Galles, nella Celtic League coi Cardiff Blues. Ed è stipendiato a 3000 sterline a settimana perché c’era il rischio dell’idoneità che i medici gli avrebbero dovuto dare.
Il primo incontro ufficiale lo gioca in provincia di Brescia, contro l’italiana Calvisano. L’arrivo dei Cardiff Blues porta nella città lombarda 3000 spettatori. Nel ritorno all’Arms Park di Cardiff, ben 11764 persone, il massimo, contro una squadra italiana. Di solito le nostre compagini radunavano 4000 appassionati. Questo per dare l’idea precisa della popolarità di Lomu.
Che finisce una prima volta l’attività sportiva praticata nel 2007. Anno in cui, visti i meriti sportivi guadagnati sul campo, entra di diritto nell’International Rugby Hall of Fame.
Nel 2009 torna in campo, nella Serie C francese, a Marsiglia, tanto per dare un segnale a sé stesso sull’amore per il Rugby e per la Vita. Ma gioca solo 7 partite.
E dal 2011 è stato iscritto nella preziosa lista di World Rugby, dopo aver ricevuto, in patria, l’onorificenza dell’Ordine al Merito della Nuova Zelanda.
La sua malattia renale presentò, nel tempo, conseguenze di rilievo fino all’arresto cardiaco che gli fu fatale, a Auckland, il 18 novembre del 2015. Non è stato risparmiato nemmeno questo strepitoso atleta, corridore, innamorato di uno sport bello e di gruppo qual è il Rugby, ai livelli assoluti.
Va rammentato che quando Jonah Lomu interrompe la frequenza di gare con gli All Blacks, è il terzo miglior realizzatore di méte, 37, dietro a Christian Cullen e Jeff Wilson. Poi lo avrebbero superato Doug Howlett e Joe Rokocoko.
Nel 2015 in occasione della Coppa del Mondo, in Inghilterra, Lomu fu chiamato come testimonial della rassegna iridata. Questo nonostante le condizioni rendessero necessario un imminente trapianto di rene.
Dopo il torneo planetario va in vacanza con la famiglia a Dubai. Ma quando rientra a Auckland, la mattina del 18 novembre, subisce un arresto cardiaco. E’ la conseguenza di un apparato renale messo a dura prova da tanti anni di defezioni. La morte fu istantanea.
La notizia della scomparsa di questo valoroso rappresentante della Nuova Zelanda e delle sue genti, arriverà la mattina dopo, in America e in Europa, perché anche in Italia era notte. Ma tutti i siti dei maggiori quotidiani del mondo aprono con uno shock per tutti gli appassionati del Rugby, commossi, toccati sul profondo.
Nel frattempo il suo avversario di quella semifinale persa in Sudafrica, il britannico Mike Catt, divenuto allenatore dei leoni inglesi, disse: “Lomu ha rappresentato un modello e un incentivo per molti giovani ad appassionarsi al Rugby e ad intraprendere la carriera sportiva”.
Qualche giorno dopo la morte, venne specificato che la causa fu, nel dettaglio, un trombo polmonare venutosi a creare durante il volo in aereo, o da da Londra o da Dubai verso casa. Il 30 novembre il suo feretro è esposto all’Eden Park di Auckland, il suo campo, per ricevere l’ultimo omaggio dei vertici del rugby mondiale e dei suoi tifosi. Il giorno dopo una esequia in forma privata, per la sepoltura.
In vita Lomu è stato anche l’uomo simbolo dell’ONG monegasca Peace and Sport, nata allo scopo di portare la pace nelle zone di guerra mediante la promozione di progetti sportivi con l’impegno di atleti come lui, di bravura e apprezzamento mondiale.
Una statua in grandezza naturale di Jonah Lomu è dal 1997 nel Museo delle Cere di Madame Tussauds, a Londra.
Nel citato film Invictus Lomu è stato interpetrato da un ex rugbista, il suo connazionale Isacc Feau’nati.
In carriera Lomu ha vinto due volte la Serie A in Galles coi Cardiff Blues e una volta il campionato Nazionale neozelandese con la squadra di Wellington.