40 anni fa moriva Peppino Impastato. Infatti, oggi 9 maggio 2018, sono 40 anni dalla morte di Peppino Impastato, il giornalista che tanto lotto’ contro la mafia e che per questo fu barbaramente assassinato.
Molte le iniziative in ricordo di Peppino
Peppino Impastato aveva 30 anni quando mori’ e da allora, grazie all’incessante lavoro di sensibilizzazione della sua famiglia, del fratello Giovanni e della mamma Felicia, la sua memoria e’ ricordata e onorata continuamente, con incontri, convegni e dibattiti. Per l’occasione già dal 2 maggio sono stati organizzati convegni e dibattiti per ricordarlo. A Casa Memoria, “dove ha vissuto il nostro nucleo familiare, dove si e’ svolta parte importante nostra storia- racconta all’agenzia Dire Giovanni Impastato, il fratello di Peppino- oggi c’e’ questo luogo della memoria e dell’accoglienza”. E oggi e’ “la giornata più importante”, l’appuntamento e’ nel luogo dove e’ stato ucciso, con tante scuole in arrivo da tutta Italia: “Con loro abbiamo realizzato un progetto, presentiamo i loro elaborati.
Un corteo da Radio Aut a Casa Memoria
Nel pomeriggio il corteo da Radio Aut, a Terrasini, per arrivare a Casa Memoria, a Cinisi”. Tra la casa della famiglia Impastato e quella di Badalamenti “ci sono 100 passi. Questo percorso lo abbiamo riempito di contenuti con delle pietre di inciampo, con delle frasi di vittime di mafia. A Cinisi cerchiamo di portare la meglio gioventù”.
“E’ stato anche il giorno della morte di Aldo Moro”
I suoi resti furono ritrovati il 9 maggio del 1978, stesso anno e giorno della morte di Aldo Moro, in un casolare vicini ai binari della ferrovia di Cinisi, in provincia di Palermo. “I ricordi di quel periodo sono terribili- ha raccontato Giovanni all’agenzia Dire- È stato anche il giorno della morte di Aldo Moro. Per noi e’ stato un fulmine a ciel sereno, non ce l’aspettavamo. Ricordo che siamo anche stati trattati male dagli investigatori, che hanno perquisito le nostre abitazioni. Ci hanno preso per dei terroristi. Verso di noi sono stati brutali”. Per questo ad un certo punto “abbiamo voluto trattenere le lacrime e ci siamo rimboccati le maniche”.
Mamma Felicia “ha avuto un ruolo importantissimo, era la moglie di un mafioso. Ma era la madre di un militante che combatteva la mafia. Credeva nei valori famiglia. Non ha mai lasciato il marito, che era un mafioso, e lo ha rispettato fino alla fine”. Ma poi “si e’ schierata dalla parte della giustizia e non della mafia. Lei prima era complice di Peppino e poi nostra, dei compagni di Peppino”.
Peppino e i compagni avevano paura
La paura era tanta in Peppino e nei compagni. La loro attività con la radio, e non solo, cominciava a non essere più gradita in paese: “A parte una lettera minatoria, misero lo zucchero nella tanica di benzina della macchina di Peppino. Temevamo il peggio. Come poi e’ successo. E c’era pure qualcuno più grande di loro “che ci diceva ‘state attenti, perché cosi’ andate a sbattere’. Ma non pensavamo si potesse arrivare a questo punto. Ti immagini che ti possono prendere a legnate, invece sono passati a vie di fatto e in un modo terribile”. Peppino oggi “era uno come noi, anche se oggi e’ diventato una icona antimafia. E manca, tutti i giorni in tutte le cose che si fanno. Lui so che voleva andare in Sud america, ma poi sarebbe tornato qui. Voleva cambiare il paese e difendere il territorio”.
Fonte DIRE